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Miti e Leggende
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15 Anni 2 Settimane fa - 15 Anni 2 Settimane fa #3535
da LaDea
C'era una volta un'isola, dove vivevano tutti i sentimenti e i valori degli uomini: il Buon Umore, la Tristezza, il Sapere, così come tutti gli altri, incluso l'Amore.
Un giorno venne annunciato ai sentimenti che l'isola stava per sprofondare, allora prepararono tutte le loro barche e partirono, solo l'Amore volle aspettare fino all'ultimo momento.
Quando l'isola fu sul punto di sprofondare, l'Amore decise di chiedere aiuto.
La Ricchezza passò vicino all'Amore su una barca lussuosissima e l'Amore le disse:
"Ricchezza, mi puoi portare con te?".
"Non posso, c'é molto oro e argento sulla mia barca e non ho posto per te".
L'Amore allora decise di chiedere all'Orgoglio che stava passando su un magnifico vascello:
"Orgoglio ti prego, mi puoi portare con te?".
"Non ti posso aiutare, Amore " rispose l'Orgoglio, "qui é tutto perfetto, potresti rovinare la mia barca".
Allora l'Amore chiese alla Tristezza che gli passava accanto:
"Tristezza ti prego, lasciami venire con te".
"Oh Amore" rispose la Tristezza, "sono così triste che ho bisogno di stare da sola".
Anche il Buon Umore passò di fianco all'Amore, ma era così contento che non sentì che lo stava chiamando.
All'improvviso, una voce disse: "Vieni Amore, ti prendo con me".
Era un vecchio che aveva parlato. L'Amore si sentì così riconoscente e pieno di gioia, che dimenticò di chiedere il nome al vecchio. Quando arrivarono sulla terra ferma, il vecchio se ne andò.
L'Amore si rese conto di quanto gli dovesse e chiese al Sapere:
"Sapere, puoi dirmi chi mi ha aiutato?".
"E' stato il Tempo" rispose il Sapere.
"Il Tempo?" s'interrogò l'Amore, "Perché mai il Tempo mi ha aiutato?".
Il Sapere pieno di saggezza rispose:
"Perché solo il Tempo è capace di comprendere quanto l'Amore sia importante nella vita".
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
C'era una volta un'isola, dove vivevano tutti i sentimenti e i valori degli uomini: il Buon Umore, la Tristezza, il Sapere, così come tutti gli altri, incluso l'Amore.
Un giorno venne annunciato ai sentimenti che l'isola stava per sprofondare, allora prepararono tutte le loro barche e partirono, solo l'Amore volle aspettare fino all'ultimo momento.
Quando l'isola fu sul punto di sprofondare, l'Amore decise di chiedere aiuto.
La Ricchezza passò vicino all'Amore su una barca lussuosissima e l'Amore le disse:
"Ricchezza, mi puoi portare con te?".
"Non posso, c'é molto oro e argento sulla mia barca e non ho posto per te".
L'Amore allora decise di chiedere all'Orgoglio che stava passando su un magnifico vascello:
"Orgoglio ti prego, mi puoi portare con te?".
"Non ti posso aiutare, Amore " rispose l'Orgoglio, "qui é tutto perfetto, potresti rovinare la mia barca".
Allora l'Amore chiese alla Tristezza che gli passava accanto:
"Tristezza ti prego, lasciami venire con te".
"Oh Amore" rispose la Tristezza, "sono così triste che ho bisogno di stare da sola".
Anche il Buon Umore passò di fianco all'Amore, ma era così contento che non sentì che lo stava chiamando.
All'improvviso, una voce disse: "Vieni Amore, ti prendo con me".
Era un vecchio che aveva parlato. L'Amore si sentì così riconoscente e pieno di gioia, che dimenticò di chiedere il nome al vecchio. Quando arrivarono sulla terra ferma, il vecchio se ne andò.
L'Amore si rese conto di quanto gli dovesse e chiese al Sapere:
"Sapere, puoi dirmi chi mi ha aiutato?".
"E' stato il Tempo" rispose il Sapere.
"Il Tempo?" s'interrogò l'Amore, "Perché mai il Tempo mi ha aiutato?".
Il Sapere pieno di saggezza rispose:
"Perché solo il Tempo è capace di comprendere quanto l'Amore sia importante nella vita".
Ultima Modifica 15 Anni 2 Settimane fa da LaDea.
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15 Anni 1 Settimana fa #3557
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
La Regina delle Nevi era una fata bellissima. Pastori e cacciatori che s’inerpicavano lassù, sulle vette eccelse delle Alpi, dove regnano le nevi perpetue, restavano incantati della sua tanta bellezza e avrebbero dato qualunque cosa per poterla sposare.
Davano infatti quasi sempre la vita. Perché una legge implacabile del destino impediva che la Fata potesse sposare un mortale. La Regina delle Nevi del resto doveva aver proprio un cuore di ghiaccio: attirava presso il suo palazzo di cristallo i malcapitati, li accoglieva benevolmente, poi, sul più bello, appena essi le domandavano di sposarli, sbucavano fuori, a un suo cenno, migliaia e migliaia di folletti da tutti i crepacci delle rocce.
Erano tanti e tanti, che non se ne vedeva la fine e, circondando il pretendente e sospingendolo verso l’abisso, lo facevano precipitare giù per i picchi dirupati. Il giorno dopo qualche alpigiano ritrovava il suo cadavere sulla riva del torrente.
Un giorno, questa sorte crudele toccò a un giovane ardito cacciatore di camosci, il più bel giovane che si fosse mai veduto al mondo. Aveva visto la Regina delle Nevi in una rosata aurora di maggio e n’era restato cosi affascinato che, tornato in pianura a casa sua, non aveva più trovato pace e non pensava che a lei.
Era timido e ingenuo, e perciò non osava ancora rivolgere alla bellissima Regina la fatale domanda di nozze: ma, da quel primo giorno che l’aveva ammirata, era tornato più volte nel regno delle nevi per aver la possibilità di rivederla ancora. Si sedeva ai piedi di lei, taciturno, e stava ore intere a contemplarla senza nemmeno muoversi.
La Fata era in verità commossa di questa muta ammirazione. E siccome il giovane non domandava di sposarla, non c’era ragione di chiamare l’aiuto dei folletti. Forse anche, chi sa, senza avvedersene, la Fata gli si era affezionata. E se non ci fosse stata la legge del destino a vietarle le nozze con un mortale, forse quello era l’unico uomo che si sarebbe adattata a sposare.
I folletti se ne erano accorti e temendo che la loro Regina potesse un giorno trasgredire la legge e attirare nel regno il castigo, di loro spontanea iniziativa, senza aver avuto alcun ordine dalla loro sovrana, anzi a sua insaputa, una volta che videro il giovane salire le balze dirupate del monte, lo attorniarono e lo spinsero nell’abisso sottostante.
Era il tramonto e le torri lucenti del gran palazzo di cristallo, dimora della Regina, erano tutte rosate per l’ultima carezza dei raggi del sole morente. Da una finestra del palazzo, la Regina delle Nevi aveva visto ogni cosa.
Era fatale che fosse cosi, ma il cuore di ghiaccio della Regina delle Nevi si era a poco a poco mutato in un povero cuore sensibile di donna: dai suoi occhi divinamente belli scesero calde lacrime che, rotolando giù, come vive perle, sulla superficie levigata del ghiacciaio, scesero tra le rupi e li si fermarono, cambiandosi in piccole stelle d’argento.
Così nacquero le stelle alpine ("edelweiss" in tedesco), che spuntano proprio sul margine dei precipizi per ricordare, agli audaci che vogliono coglierli sfidando il pericolo, l’antica storia d’amore e di morte del giovane cacciatore di camosci che amò segretamente la Regina delle Nevi e fu da lei segretamente riamato.
Davano infatti quasi sempre la vita. Perché una legge implacabile del destino impediva che la Fata potesse sposare un mortale. La Regina delle Nevi del resto doveva aver proprio un cuore di ghiaccio: attirava presso il suo palazzo di cristallo i malcapitati, li accoglieva benevolmente, poi, sul più bello, appena essi le domandavano di sposarli, sbucavano fuori, a un suo cenno, migliaia e migliaia di folletti da tutti i crepacci delle rocce.
Erano tanti e tanti, che non se ne vedeva la fine e, circondando il pretendente e sospingendolo verso l’abisso, lo facevano precipitare giù per i picchi dirupati. Il giorno dopo qualche alpigiano ritrovava il suo cadavere sulla riva del torrente.
Un giorno, questa sorte crudele toccò a un giovane ardito cacciatore di camosci, il più bel giovane che si fosse mai veduto al mondo. Aveva visto la Regina delle Nevi in una rosata aurora di maggio e n’era restato cosi affascinato che, tornato in pianura a casa sua, non aveva più trovato pace e non pensava che a lei.
Era timido e ingenuo, e perciò non osava ancora rivolgere alla bellissima Regina la fatale domanda di nozze: ma, da quel primo giorno che l’aveva ammirata, era tornato più volte nel regno delle nevi per aver la possibilità di rivederla ancora. Si sedeva ai piedi di lei, taciturno, e stava ore intere a contemplarla senza nemmeno muoversi.
La Fata era in verità commossa di questa muta ammirazione. E siccome il giovane non domandava di sposarla, non c’era ragione di chiamare l’aiuto dei folletti. Forse anche, chi sa, senza avvedersene, la Fata gli si era affezionata. E se non ci fosse stata la legge del destino a vietarle le nozze con un mortale, forse quello era l’unico uomo che si sarebbe adattata a sposare.
I folletti se ne erano accorti e temendo che la loro Regina potesse un giorno trasgredire la legge e attirare nel regno il castigo, di loro spontanea iniziativa, senza aver avuto alcun ordine dalla loro sovrana, anzi a sua insaputa, una volta che videro il giovane salire le balze dirupate del monte, lo attorniarono e lo spinsero nell’abisso sottostante.
Era il tramonto e le torri lucenti del gran palazzo di cristallo, dimora della Regina, erano tutte rosate per l’ultima carezza dei raggi del sole morente. Da una finestra del palazzo, la Regina delle Nevi aveva visto ogni cosa.
Era fatale che fosse cosi, ma il cuore di ghiaccio della Regina delle Nevi si era a poco a poco mutato in un povero cuore sensibile di donna: dai suoi occhi divinamente belli scesero calde lacrime che, rotolando giù, come vive perle, sulla superficie levigata del ghiacciaio, scesero tra le rupi e li si fermarono, cambiandosi in piccole stelle d’argento.
Così nacquero le stelle alpine ("edelweiss" in tedesco), che spuntano proprio sul margine dei precipizi per ricordare, agli audaci che vogliono coglierli sfidando il pericolo, l’antica storia d’amore e di morte del giovane cacciatore di camosci che amò segretamente la Regina delle Nevi e fu da lei segretamente riamato.
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15 Anni 1 Settimana fa #3603
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
La leggenda del mare salato
C’era una volta, in Danimarca, un Re che possedeva due macine magiche che producevano qualunque cosa si desiderasse. Però, erano così pesanti che non si trovava nessuno in grado di utilizzarle.
Un giorno, il re danese, in visita al dal sovrano della Svezia, vide due gigantesse catturate nella terra dei giganti. Pensando che con la loro forza avrebbero potuto usare le macine, pregò il sovrano svevo di donargliele. Questi acconsentì di buon grado.
Non appena giunte in Danimarca, furono mise subito al lavoro per produrre ori, argento, pace e gioia.
Dopo giorni e giorni di duro lavoro, le gigantesse chiesero al re di poter riposare almeno un pò. Ma questi, rifiutò.
Indignate, per dispetto, cominciarono a produrre soldati. Non appena furono numerosi, attaccarono il regno danese e si impadronirono delle macine magiche. Il re che comandava i nemici, avendo bisogno di sale per il suo regno, ordinò alle gigantesse di mettersi subito al lavoro.
Produssero talmente tanto sale da riempire le navi e farle affondare insieme all’equipaggio.
Da quel lontano giorno, in fondo al mare, le gigantesse non hanno mai smesso di produrre sale, perchè nessuno ha mai ordinato loro di smettere. E fintanto che nessuno lo farà, il mare sarà sempre salato.”
C’era una volta, in Danimarca, un Re che possedeva due macine magiche che producevano qualunque cosa si desiderasse. Però, erano così pesanti che non si trovava nessuno in grado di utilizzarle.
Un giorno, il re danese, in visita al dal sovrano della Svezia, vide due gigantesse catturate nella terra dei giganti. Pensando che con la loro forza avrebbero potuto usare le macine, pregò il sovrano svevo di donargliele. Questi acconsentì di buon grado.
Non appena giunte in Danimarca, furono mise subito al lavoro per produrre ori, argento, pace e gioia.
Dopo giorni e giorni di duro lavoro, le gigantesse chiesero al re di poter riposare almeno un pò. Ma questi, rifiutò.
Indignate, per dispetto, cominciarono a produrre soldati. Non appena furono numerosi, attaccarono il regno danese e si impadronirono delle macine magiche. Il re che comandava i nemici, avendo bisogno di sale per il suo regno, ordinò alle gigantesse di mettersi subito al lavoro.
Produssero talmente tanto sale da riempire le navi e farle affondare insieme all’equipaggio.
Da quel lontano giorno, in fondo al mare, le gigantesse non hanno mai smesso di produrre sale, perchè nessuno ha mai ordinato loro di smettere. E fintanto che nessuno lo farà, il mare sarà sempre salato.”
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15 Anni 6 giorni fa #3637
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
L’origine del ghiaccio
Tanti tanti anni fa c’era una montagna molto alta che si sentiva tanto sola. Un giorno si trovò a parlare con il suo amico cielo.
Il cielo disse alla montagna: ”Che cos’hai Freddina?
”Niente” rispose Freddina.
“E dai dimmelo, ti posso consolare” disse il cielo.
“Va bene, te lo dico però non lo devi dire a nessuno d’accordo?” disse Freddina.
“D’accordo!” disse il cielo.
”Ok , mi sento tanto sola ecco sei soddisfatto?” e Freddina si mise a piangere.
“Allora è questo il motivo, forse potrò fare qualcosa” disse il cielo.
“Davvero?” disse Freddina.
”Certo, ti porterò qualcuno che con il tempo diventerà il tuo migliore amico. Adesso aspetta” e così il cielo si concentrò e fece scendere sulla montagna tanta neve che con il tempo diventò ghiaccio.
Freddina diventò subito più contenta e si mise a giocare con il suo amico ghiaccio.
E così ebbe origine il ghiaccio.
Tanti tanti anni fa c’era una montagna molto alta che si sentiva tanto sola. Un giorno si trovò a parlare con il suo amico cielo.
Il cielo disse alla montagna: ”Che cos’hai Freddina?
”Niente” rispose Freddina.
“E dai dimmelo, ti posso consolare” disse il cielo.
“Va bene, te lo dico però non lo devi dire a nessuno d’accordo?” disse Freddina.
“D’accordo!” disse il cielo.
”Ok , mi sento tanto sola ecco sei soddisfatto?” e Freddina si mise a piangere.
“Allora è questo il motivo, forse potrò fare qualcosa” disse il cielo.
“Davvero?” disse Freddina.
”Certo, ti porterò qualcuno che con il tempo diventerà il tuo migliore amico. Adesso aspetta” e così il cielo si concentrò e fece scendere sulla montagna tanta neve che con il tempo diventò ghiaccio.
Freddina diventò subito più contenta e si mise a giocare con il suo amico ghiaccio.
E così ebbe origine il ghiaccio.
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15 Anni 2 giorni fa #3657
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
Terra di fate
di Edgar Allan Poe
Valli di nebbia, fiumi tenebrosi
e boschi che somigliano alle nuvole:
poi che tutto è coperto dalle lacrime
nessuno può distinguerne le forme.
Enormi lune sorgono e tramontano
ancora, ancora, ancora ...
in ogni istante
della notte inquiete, in un mutare
incessante di luogo.
E così
spengono la luce delle stelle
col sospiro del loro volto pallido.
Poi viene mezzanotte sul quadrante lunare
ed una più sottile delle altre
(di una specie che dopo lunghe prove
fu giudicata la migliore)
scende giù,
sempre giù, ancora giù,
fin quando
il suo centro si posa sulla cima
di una montagna, come una corona,
mentre l'immensa superficie,
simile a un arazzo,
s'adagia sui castelli
e sui borghi (dovunque essi si trovino)
e si distende su strane foreste,
sulle ali dei fantasmi, sopra il mare,
sulle cose che dormono e un immenso
labirinto di luce le ricopre.
Allora si fa profonda - profonda! -
la passione del sonno in ogni cosa.
Al mattino, nell'ora del risveglio,
il velo della luna si distende
lungo i cieli in tempesta e,
come tutte le cose,
rassomiglia ad un giallo albatro.
Ma quella luna non è più la stessa:
più non sembra una tenda stravagante.
A poco a poco i suoi esili atomi
si disciolgono in pioggia: le farfalle
che dalla terra salgono a cercare
ansiose il cielo e subito discendono
(creature insoddisfatte!) ce ne portano
solo una goccia sulle ali tremanti.
di Edgar Allan Poe
Valli di nebbia, fiumi tenebrosi
e boschi che somigliano alle nuvole:
poi che tutto è coperto dalle lacrime
nessuno può distinguerne le forme.
Enormi lune sorgono e tramontano
ancora, ancora, ancora ...
in ogni istante
della notte inquiete, in un mutare
incessante di luogo.
E così
spengono la luce delle stelle
col sospiro del loro volto pallido.
Poi viene mezzanotte sul quadrante lunare
ed una più sottile delle altre
(di una specie che dopo lunghe prove
fu giudicata la migliore)
scende giù,
sempre giù, ancora giù,
fin quando
il suo centro si posa sulla cima
di una montagna, come una corona,
mentre l'immensa superficie,
simile a un arazzo,
s'adagia sui castelli
e sui borghi (dovunque essi si trovino)
e si distende su strane foreste,
sulle ali dei fantasmi, sopra il mare,
sulle cose che dormono e un immenso
labirinto di luce le ricopre.
Allora si fa profonda - profonda! -
la passione del sonno in ogni cosa.
Al mattino, nell'ora del risveglio,
il velo della luna si distende
lungo i cieli in tempesta e,
come tutte le cose,
rassomiglia ad un giallo albatro.
Ma quella luna non è più la stessa:
più non sembra una tenda stravagante.
A poco a poco i suoi esili atomi
si disciolgono in pioggia: le farfalle
che dalla terra salgono a cercare
ansiose il cielo e subito discendono
(creature insoddisfatte!) ce ne portano
solo una goccia sulle ali tremanti.
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15 Anni 2 giorni fa #3664
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
Molto ma molto tempo fa, nel pianeta che nessuno sa, dove era sempre giorno e per la notte non arrivava mai il turno, il Sole regnava incontrastato e la Luna questo cielo non aveva mai visitato. In questo pianeta tanto illuminato gli uomini erano solo di quattro colori:
C'erano gli UOMINI NERI, gli UOMINI VERDI, gli UOMINI BLU e gli UOMINI BIANCHI:
Gli Uomini Neri erano davvero molto ma molto seri, gli Uomini Verdi purtroppo erano un tantinello sordi, gli Uomini Blu erano quelli che credevano di saperne sempre un po' di piu', e gli Uomini Bianchi erano quelli sempre stanchi.
Era facile riconoscersi in questo pianeta bastava guardare il colore della pelle, per sapere con chi si aveva a che fare, e per questo motivo non si usava molto parlare. Ora a te indovinare, come si poteva questo pianeta chiamare?
Il Pianeta del Silenzio
Il Sole che era sempre acceso, un giorno si senti' davvero molto stanco, fece i bagagli e nel salutare il cielo disse:
Ho bisogno di una vacanza!
Senza la luce del Sole, il cielo divenne nero, nero, e gli uomini non riuscirono piu' a riconoscersi guardando i colori.
Ora che era tutto avvolto dal manto della notte , era come se ogni cosa fosse diventata misteriosa, e per capire con si aveva a che fare, gli uomini furono costretti a incominciare a parlare. E successe una cosa davvero molto strana, gli Uomini Neri divennero meno seri, e si accorsero che gli Uomini Verdi non erano poi cosi' sordi, gli Uomini Blu capirono parlando, di non saperne poi tanto di piu', e persino gli Uomini Bianchi si sentirono meno stanchi.
Ora che gli uomini non avevano piu' un colore, incominciarono a guardarsi solo col CUORE e il cuore lo sai ha un solo colore.
Ti stai chiedendo quale?
Il Colore dell'Amore.
Da quel giorno nessuno diede piu' importanza al colore della pelle, e quando il Sole torno' dalla sua meritata vacanza, incomincio' a sentire un baccano terribile.
Si affaccio' dal suo immenso balcone fatto di candide nuvole, e vide, gli Uomini Verdi parlare con gli Uomini Bianchi che adesso non sembravano per niente stanchi, gli Uomini Blu, ascoltare chi ne sapeva di piu', e gli Uomini Neri ridere tanto da non sembrare per niente seri.
E il Sole felice disse:
Vedo che la Notte porta consiglio, mi sa che faro' di certo altre vacanze!
Il cielo si accese di nuovo della luce del Sole e gli uomini tornarono a vedere i colori, ti starai chiedendo:
Ma allora smisero di parlare?
Neanche a pensarlo, gli uomini non smisero piu' di parlare, era cosi' bello potersi guardare il CUORE, senza dare importanza al COLORE.
Per cui il Sole a quel pianeta il nome dovette cambiare in fretta, e disse tutto contento:
Da oggi il tuo nome non sara' piu' il Pianeta del Silenzio, tu ti chiamerai Pianeta Terra.abr Da quel giorno il Sole diede la mano alla Luna, ed insieme incominciarono a danzare nel cielo, alternando sul Pianeta Terra, la notte al giorno, perche' ora era chiaro a tutti, che anche la notte porta i suoi frutti.
C'erano gli UOMINI NERI, gli UOMINI VERDI, gli UOMINI BLU e gli UOMINI BIANCHI:
Gli Uomini Neri erano davvero molto ma molto seri, gli Uomini Verdi purtroppo erano un tantinello sordi, gli Uomini Blu erano quelli che credevano di saperne sempre un po' di piu', e gli Uomini Bianchi erano quelli sempre stanchi.
Era facile riconoscersi in questo pianeta bastava guardare il colore della pelle, per sapere con chi si aveva a che fare, e per questo motivo non si usava molto parlare. Ora a te indovinare, come si poteva questo pianeta chiamare?
Il Pianeta del Silenzio
Il Sole che era sempre acceso, un giorno si senti' davvero molto stanco, fece i bagagli e nel salutare il cielo disse:
Ho bisogno di una vacanza!
Senza la luce del Sole, il cielo divenne nero, nero, e gli uomini non riuscirono piu' a riconoscersi guardando i colori.
Ora che era tutto avvolto dal manto della notte , era come se ogni cosa fosse diventata misteriosa, e per capire con si aveva a che fare, gli uomini furono costretti a incominciare a parlare. E successe una cosa davvero molto strana, gli Uomini Neri divennero meno seri, e si accorsero che gli Uomini Verdi non erano poi cosi' sordi, gli Uomini Blu capirono parlando, di non saperne poi tanto di piu', e persino gli Uomini Bianchi si sentirono meno stanchi.
Ora che gli uomini non avevano piu' un colore, incominciarono a guardarsi solo col CUORE e il cuore lo sai ha un solo colore.
Ti stai chiedendo quale?
Il Colore dell'Amore.
Da quel giorno nessuno diede piu' importanza al colore della pelle, e quando il Sole torno' dalla sua meritata vacanza, incomincio' a sentire un baccano terribile.
Si affaccio' dal suo immenso balcone fatto di candide nuvole, e vide, gli Uomini Verdi parlare con gli Uomini Bianchi che adesso non sembravano per niente stanchi, gli Uomini Blu, ascoltare chi ne sapeva di piu', e gli Uomini Neri ridere tanto da non sembrare per niente seri.
E il Sole felice disse:
Vedo che la Notte porta consiglio, mi sa che faro' di certo altre vacanze!
Il cielo si accese di nuovo della luce del Sole e gli uomini tornarono a vedere i colori, ti starai chiedendo:
Ma allora smisero di parlare?
Neanche a pensarlo, gli uomini non smisero piu' di parlare, era cosi' bello potersi guardare il CUORE, senza dare importanza al COLORE.
Per cui il Sole a quel pianeta il nome dovette cambiare in fretta, e disse tutto contento:
Da oggi il tuo nome non sara' piu' il Pianeta del Silenzio, tu ti chiamerai Pianeta Terra.abr Da quel giorno il Sole diede la mano alla Luna, ed insieme incominciarono a danzare nel cielo, alternando sul Pianeta Terra, la notte al giorno, perche' ora era chiaro a tutti, che anche la notte porta i suoi frutti.
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da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
Le Fate, al tempo in cui vivevano, onoravano dopo la morte di quelli che avevano fatto del bene quando erano in vita, e costruivano grotte indistruttibili per proteggere le loro ceneri
dall'invidia e dalla distruzione del tempo:e di notte venivano a parlare con i morti.
Si dice pure che la loro benefica influenza diffondesse nella regione un incanto indefinibile,
insieme all'abbondanza e alla prosperità.
Con questo scopo, con queste fatate intenzioni,costruirono la Rocca delle Fate, che noi abbiamo in uno dei nostri campi.
Le fate, si dice, si divisero il lavoro:
alcune restarono sul posto dove doveva sorgere il monumento, prepararono i piani e lo costruirono; le altre, nello stesso tempo, senza abbandonare i loro lavori di ricamo, si recavano nella foresta del Theil, si riempivano i grembiuli di pietre e le portavano alle compagne lavoratrici, che le mettevano in opera.
Ma non avevano calcolato in anticipo la quantità che occorreva...
Ora avvenne che il monumento era già terminato mentre le fate fornitrici erano ancora in cammino per apportare del nuovo materiale; ma, avvertite che le loro pietre erano ormai inutili, aprirono i grembiuli e deposero il materiale là dove si trovavano quando avevano ricevuto l'avviso.
Ce n'erano nella landa Marie;
ce n'erano presso Rétiers,
ce n'erano a Richebourg e nella foresta del Theil.
Ecco la ragione per cui in tutti questi luoghi si trovano delle pietre dello stesso tipo,
e della stessa provenienza, di quelle che formano la nostra Rocca delle Fate.
Purtroppo da molto tempo le fate sono scomparse: ma il monumento resta...
Di notte, quando fuori soffia la tramontana, si sentono come dei lamenti nella Rocca delle Fate, e si dice che siano i morti sepolti lì sotto che chiamano le fate loro protettrici;
e questi lamenti si rinnoveranno finché esse non saranno tornate.
dall'invidia e dalla distruzione del tempo:e di notte venivano a parlare con i morti.
Si dice pure che la loro benefica influenza diffondesse nella regione un incanto indefinibile,
insieme all'abbondanza e alla prosperità.
Con questo scopo, con queste fatate intenzioni,costruirono la Rocca delle Fate, che noi abbiamo in uno dei nostri campi.
Le fate, si dice, si divisero il lavoro:
alcune restarono sul posto dove doveva sorgere il monumento, prepararono i piani e lo costruirono; le altre, nello stesso tempo, senza abbandonare i loro lavori di ricamo, si recavano nella foresta del Theil, si riempivano i grembiuli di pietre e le portavano alle compagne lavoratrici, che le mettevano in opera.
Ma non avevano calcolato in anticipo la quantità che occorreva...
Ora avvenne che il monumento era già terminato mentre le fate fornitrici erano ancora in cammino per apportare del nuovo materiale; ma, avvertite che le loro pietre erano ormai inutili, aprirono i grembiuli e deposero il materiale là dove si trovavano quando avevano ricevuto l'avviso.
Ce n'erano nella landa Marie;
ce n'erano presso Rétiers,
ce n'erano a Richebourg e nella foresta del Theil.
Ecco la ragione per cui in tutti questi luoghi si trovano delle pietre dello stesso tipo,
e della stessa provenienza, di quelle che formano la nostra Rocca delle Fate.
Purtroppo da molto tempo le fate sono scomparse: ma il monumento resta...
Di notte, quando fuori soffia la tramontana, si sentono come dei lamenti nella Rocca delle Fate, e si dice che siano i morti sepolti lì sotto che chiamano le fate loro protettrici;
e questi lamenti si rinnoveranno finché esse non saranno tornate.
Ultima Modifica 14 Anni 11 Mesi fa da LaDea.
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da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
C'era tanto tempo fa, un giovane Bardo di nome Bertrace, ad ogni Estate abbandonava tutti gli amici e si recava, dopo giorni di viaggio a piedi, attraverso, boschi e foreste, arrivava su un'isola in mezzo al Lago, trascorreva gran parte del suo tempo a guardare le acque dorate dal Sole.
D'improvviso nell'aria sentì un brivido, un frullare d'ali, era la Fata Marbena, tramutata in una giovane aquila, dalle penne di fuoco. Volteggiava ridendo intorno al giovane celta, venuto dal Nord, le solleticava i capelli scuri con le remiganti. La Fata si tuffò nelle acque cristalline del Lago, tramutandosi in una Sirena, con la mano invitava il giovane a seguirla nel profondo del Lago, ma lui non sapeva nuotare, sarebbe sicuramente annegato, ricordandosi cosa fanno le Sirene ai naviganti. Sul momento Bertrace, rimase stupito nel vedere tanta bellezza, stette a bocca aperta senza proferire una parola, il chè era assurdo per un cantastorie, sempre in cerca d'avventure amorose, la Sirena dette due colpi di coda sparì nella luce del tramonto e lui si preparò a trascorre la notte sull'isola, nella speranza che il mattino seguente ritornasse la Fata Marbena.
Un potente tuono, fece tremare tutta l'isola, Thor scese davanti al giovane bardo spaventato. il dio fece questa ambasciata: - Mille avventure amorose concederò alla tua bella figura, ma guai a te se sfiorerai Marbena! Essa è stata destinata ad Odino, infrangi il suo volere e sarai tramutato in uno scoglio e in eterno non lascerai mai più questa isola! -. Trascorsero, mesi anni, vennero altre estati calde. Bertrace diventava vecchio, perdeva i capelli, nei suoi occhi appariva sempre la visione della giovane Fata e quelle acque limpide che trastullavano il suo corpo perfetto. Il Sole gli cuoceva la pelle, i venti sferzavano le membra, ma lui non cedeva. Non cantò più, non fece galanterie alle dame che passavano davanti all'isola, se una dama gli chiedeva un madrigale, lui girava lo sguardo, nei suoi pensieri vi era solo quel primo incontro, forte come un'esplosione, confidava che Marbena sarebbe ritornata all'isola, mossa forse a compassione di tanta ostinata perseveranza. Passarono 50 anni e il vecchio bardo era sempre deciso sfidare l'incantesimo fatto da Thor.
Un mattino lucente, l'aria era trasparente, la cornice delle montagne con le cime ammantate di neve, splendevano in colori dalle sfumature azzurrine l'acqua assumeva il suo inconfondibile tono verdognolo turchino, sull'isola giungevano i rumori dei lavori dell'uomo, nel villaggio sulla riva opposta nel piccolo golfo protetto dalla Roccia del Raduno. Odino era occupato ad incidere con il fuoco alcune Rune, le acque del Lago si animarono di mille stelle, sulla battigia di ciottoli, stava una bellissima ragazza, era Marbena, finalmente sola, splendente, invitante più che mai, gli asciugò le lacrime, l'ho lavò, dalla polvere di dieci lustri, l'ho fece sedere, era rimasto in piedi per 50 anni sullo stesso masso fissando il Lago. La coppia si scambiò mille confidenze, Bertrace le sussurrava dolcissimi versi, la ragazza era estasiata dalla fantasia del vecchio poeta, il Sole riscaldava i corpi dei due amanti, la passione ebbe ragione, per un anno intero i due trasgressori si amarono. Bertrace ritrovò la sua giovinezza, celata da quella lunga astinenza, Marbena era felice fra le braccia dell'uomo, che dimostrava l'età di suo nonno. Passò sopra di loro il Corvo vide quello che succedeva sull'isola trasformata in alcova e andò a riferire ad Odino, che un mortale ed una delle favorite erano diventati amanti.
Dapprima Odino, occupato com'era sorrise nel sentire la scappatella di Marbena, poi batté un pugno sulla montagna, la quale si mise a franare nel Lago, la Fata veloce si tuffò ancora una volta, mezza donna, mezzo pesce, tenendo per mano Bertrace, ma lo sentì irrigidirsi, appesantirsi, si voltò e l'ho vide tramutato in uno scoglio che tentava di allungare un braccio verso il fondo del Lago. Thor non aveva scherzato, nel proferire la magia. Vi sono mille laghi con mille scogli intorno a mille isole o isolotti, sono paesaggi idilliaci, giochi della Natura, luoghi invitanti i giovani innamorati. Sono tutti originati da Bertrace, un mortale che osò deliziarsi, godere dei baci di una concubina degli Dei.
D'improvviso nell'aria sentì un brivido, un frullare d'ali, era la Fata Marbena, tramutata in una giovane aquila, dalle penne di fuoco. Volteggiava ridendo intorno al giovane celta, venuto dal Nord, le solleticava i capelli scuri con le remiganti. La Fata si tuffò nelle acque cristalline del Lago, tramutandosi in una Sirena, con la mano invitava il giovane a seguirla nel profondo del Lago, ma lui non sapeva nuotare, sarebbe sicuramente annegato, ricordandosi cosa fanno le Sirene ai naviganti. Sul momento Bertrace, rimase stupito nel vedere tanta bellezza, stette a bocca aperta senza proferire una parola, il chè era assurdo per un cantastorie, sempre in cerca d'avventure amorose, la Sirena dette due colpi di coda sparì nella luce del tramonto e lui si preparò a trascorre la notte sull'isola, nella speranza che il mattino seguente ritornasse la Fata Marbena.
Un potente tuono, fece tremare tutta l'isola, Thor scese davanti al giovane bardo spaventato. il dio fece questa ambasciata: - Mille avventure amorose concederò alla tua bella figura, ma guai a te se sfiorerai Marbena! Essa è stata destinata ad Odino, infrangi il suo volere e sarai tramutato in uno scoglio e in eterno non lascerai mai più questa isola! -. Trascorsero, mesi anni, vennero altre estati calde. Bertrace diventava vecchio, perdeva i capelli, nei suoi occhi appariva sempre la visione della giovane Fata e quelle acque limpide che trastullavano il suo corpo perfetto. Il Sole gli cuoceva la pelle, i venti sferzavano le membra, ma lui non cedeva. Non cantò più, non fece galanterie alle dame che passavano davanti all'isola, se una dama gli chiedeva un madrigale, lui girava lo sguardo, nei suoi pensieri vi era solo quel primo incontro, forte come un'esplosione, confidava che Marbena sarebbe ritornata all'isola, mossa forse a compassione di tanta ostinata perseveranza. Passarono 50 anni e il vecchio bardo era sempre deciso sfidare l'incantesimo fatto da Thor.
Un mattino lucente, l'aria era trasparente, la cornice delle montagne con le cime ammantate di neve, splendevano in colori dalle sfumature azzurrine l'acqua assumeva il suo inconfondibile tono verdognolo turchino, sull'isola giungevano i rumori dei lavori dell'uomo, nel villaggio sulla riva opposta nel piccolo golfo protetto dalla Roccia del Raduno. Odino era occupato ad incidere con il fuoco alcune Rune, le acque del Lago si animarono di mille stelle, sulla battigia di ciottoli, stava una bellissima ragazza, era Marbena, finalmente sola, splendente, invitante più che mai, gli asciugò le lacrime, l'ho lavò, dalla polvere di dieci lustri, l'ho fece sedere, era rimasto in piedi per 50 anni sullo stesso masso fissando il Lago. La coppia si scambiò mille confidenze, Bertrace le sussurrava dolcissimi versi, la ragazza era estasiata dalla fantasia del vecchio poeta, il Sole riscaldava i corpi dei due amanti, la passione ebbe ragione, per un anno intero i due trasgressori si amarono. Bertrace ritrovò la sua giovinezza, celata da quella lunga astinenza, Marbena era felice fra le braccia dell'uomo, che dimostrava l'età di suo nonno. Passò sopra di loro il Corvo vide quello che succedeva sull'isola trasformata in alcova e andò a riferire ad Odino, che un mortale ed una delle favorite erano diventati amanti.
Dapprima Odino, occupato com'era sorrise nel sentire la scappatella di Marbena, poi batté un pugno sulla montagna, la quale si mise a franare nel Lago, la Fata veloce si tuffò ancora una volta, mezza donna, mezzo pesce, tenendo per mano Bertrace, ma lo sentì irrigidirsi, appesantirsi, si voltò e l'ho vide tramutato in uno scoglio che tentava di allungare un braccio verso il fondo del Lago. Thor non aveva scherzato, nel proferire la magia. Vi sono mille laghi con mille scogli intorno a mille isole o isolotti, sono paesaggi idilliaci, giochi della Natura, luoghi invitanti i giovani innamorati. Sono tutti originati da Bertrace, un mortale che osò deliziarsi, godere dei baci di una concubina degli Dei.
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