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Miti e Leggende
- Consuelo
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15 Anni 1 Mese fa #3332
da Consuelo
Risposta da Consuelo al topic Re:Miti e Leggende
Molto tempo fa, c'era una ricca fattoria che apparteneva ad una vedova dal cuore duro ed a sua figlia, perfida e brutta.
In casa loro non mancava nulla, la dispensa era ben fornita e gli armadi erano pieni di lana ben tessuta. Ai servi, invece toccavano croste di pane, stracci e parole cattive, perché madre e figlia erano avare e cattive come nessun altro. Ce l'avevano soprattutto con una delle loro serve, Helga, che era la ragazza più graziosa della fattoria. Qualunque cosa facesse trovavano il modo di rimproverarla e punirla e quando arrivò la vigilia di Natale, decisero di lasciarla a casa, mentre loro e gli altri servitori sarebbero andati alla messa di mezzanotte e poi a veglia da certi vicini.
Ma Helga che era buona e paziente, non protestò e non pianse; sbrigò in silenzio le sue faccende e poi sedette accanto al fuoco a cucire. Dopo un po' entrò in cucina una bimbetta dall'aria triste ed affamata con un scodellino in mano che le chiese un pezzettino di carne."Povera piccola, tu non lo sai, ma in questa casa i mendicanti sono trattati peggio dei cani e non c'é niente per loro!" disse Helga alla bambina. Ella però la guardò con occhi così disperati che Helga non seppe resistere e le mise nello scodellino una bella fetta d'arrosto dicendo: "Dirò alla padrona che sono stata io a mangiarlo, tanto di botte ne prendo ogni giorno e qualcuna in più non la sentirò nemmeno."
La piccola scappò via tutta contenta ed Helga che guardava dalla finestra si accorse che i suoi piedini non lasciavano impronte sulla neve. Poco dopo la ragazza la vide tornare insieme ad una folla di piccole creature, che in un attimo invasero la cucina e si sedettero ovunque, sulle credenze, sul pavimento, sulle travi del soffitto e sui davanzali delle finestre. Poi gli strani ospiti cominciarono a divertirsi con scherzi e giochi d'ogni genere senza badare ad Helga che continuava a cucire facendo finta di nulla.
Ormai l'aveva capito, quella era la festa di Natale dei folletti, una festa che pochi uomini al mondo hanno visto, e che pochissimi hanno potuto raccontare. Venne l'ora di mungere le bestie e la ragazza si alzò dallo sgabello, ma non riusciva a raggiungere la porta per via della gran folla, quando si fece avanti una donnina che, con voce acuta, ordinò agli altri di far spazio ad Helga e di lasciarla passare. Subito i folletti obbedirono e la servetta poté andare nella stalla, dove incominciò a riempire i secchi di latte.Ad un certo punto si sentì salutare e, voltandosi si trovò accanto la donnina che sorridendo disse:" Ti ringrazio per aver dato un boccone di carne alla mia bambina e grazie anche per non aver fatto caso a noi di là in cucina; ci piacciono tanto le case degli uomini e il bel caldo del fuoco, ma la gente ha la cattiva abitudine di cacciarci via battendo le mani se appena ci azzardiamo a mettere il naso dentro. Siccome hai fatto un favore a me ed un altro a tutti noi, eccoti un regalo che ti verrà utile, perché andrai sposa prima di quanto non pensi".
Poi la donnina le diede un gran rotolo di stoffa e se ne tornò alla festa che continuò fino all'alba. Solo allora i folletti se ne andarono, lasciando Helga seduta accanto al camino ad ammirare i bellissimi vestiti e la cintura d'oro che aveva avuto in dono. Quando la gente della fattoria arrivò, Helga si mise a raccontare tutto l'accaduto e le padrone avrebbero voluto prendersi quei meravigliosi abiti, dicendole che erano troppo eleganti per una povera serva come era lei. Helga, invece li tenne ben stretti e fece bene, perché dopo qualche mese un ricco contadino se la sposò così com'era, senza dote né terra e lei poté andare all'altare vestita meglio di una regina.L'anno dopo, la figlia della vedova avara, ricordando la fortuna di Helga, volle restare sola a casa la vigilia di Natale per vedere se i folletti avrebbero regalato qualcosa anche a lei. Appena gli altri furono usciti, ecco arrivare la bimbetta con lo scodellino in mano che le chiese un pezzettino di carne. "Vattene via brutta stracciona! Chi mi dice che la tua casa non sia più ricca della mia?"disse la perfida donna dando un colpo sul braccio della piccola facendole cadere lo scodellino a terra che si ruppe in mille pezzi. La piccola corse via piangendo e la donna nemmeno si accorse che i suoi piedini non lasciavano tracce sulla neve fresca. Cosa successe dopo non si é mai saputo, ma quando la madre e i servi tornarono a casa trovarono tutto sottosopra e fracassato. Quanto alla figlia, giaceva in terra con i vestiti strappati, i capelli legati in cento nodi e la pelle segnata da lividi di mille pizzicotti,segno che non si era per niente divertita quella notte alla festa dei folletti.
In casa loro non mancava nulla, la dispensa era ben fornita e gli armadi erano pieni di lana ben tessuta. Ai servi, invece toccavano croste di pane, stracci e parole cattive, perché madre e figlia erano avare e cattive come nessun altro. Ce l'avevano soprattutto con una delle loro serve, Helga, che era la ragazza più graziosa della fattoria. Qualunque cosa facesse trovavano il modo di rimproverarla e punirla e quando arrivò la vigilia di Natale, decisero di lasciarla a casa, mentre loro e gli altri servitori sarebbero andati alla messa di mezzanotte e poi a veglia da certi vicini.
Ma Helga che era buona e paziente, non protestò e non pianse; sbrigò in silenzio le sue faccende e poi sedette accanto al fuoco a cucire. Dopo un po' entrò in cucina una bimbetta dall'aria triste ed affamata con un scodellino in mano che le chiese un pezzettino di carne."Povera piccola, tu non lo sai, ma in questa casa i mendicanti sono trattati peggio dei cani e non c'é niente per loro!" disse Helga alla bambina. Ella però la guardò con occhi così disperati che Helga non seppe resistere e le mise nello scodellino una bella fetta d'arrosto dicendo: "Dirò alla padrona che sono stata io a mangiarlo, tanto di botte ne prendo ogni giorno e qualcuna in più non la sentirò nemmeno."
La piccola scappò via tutta contenta ed Helga che guardava dalla finestra si accorse che i suoi piedini non lasciavano impronte sulla neve. Poco dopo la ragazza la vide tornare insieme ad una folla di piccole creature, che in un attimo invasero la cucina e si sedettero ovunque, sulle credenze, sul pavimento, sulle travi del soffitto e sui davanzali delle finestre. Poi gli strani ospiti cominciarono a divertirsi con scherzi e giochi d'ogni genere senza badare ad Helga che continuava a cucire facendo finta di nulla.
Ormai l'aveva capito, quella era la festa di Natale dei folletti, una festa che pochi uomini al mondo hanno visto, e che pochissimi hanno potuto raccontare. Venne l'ora di mungere le bestie e la ragazza si alzò dallo sgabello, ma non riusciva a raggiungere la porta per via della gran folla, quando si fece avanti una donnina che, con voce acuta, ordinò agli altri di far spazio ad Helga e di lasciarla passare. Subito i folletti obbedirono e la servetta poté andare nella stalla, dove incominciò a riempire i secchi di latte.Ad un certo punto si sentì salutare e, voltandosi si trovò accanto la donnina che sorridendo disse:" Ti ringrazio per aver dato un boccone di carne alla mia bambina e grazie anche per non aver fatto caso a noi di là in cucina; ci piacciono tanto le case degli uomini e il bel caldo del fuoco, ma la gente ha la cattiva abitudine di cacciarci via battendo le mani se appena ci azzardiamo a mettere il naso dentro. Siccome hai fatto un favore a me ed un altro a tutti noi, eccoti un regalo che ti verrà utile, perché andrai sposa prima di quanto non pensi".
Poi la donnina le diede un gran rotolo di stoffa e se ne tornò alla festa che continuò fino all'alba. Solo allora i folletti se ne andarono, lasciando Helga seduta accanto al camino ad ammirare i bellissimi vestiti e la cintura d'oro che aveva avuto in dono. Quando la gente della fattoria arrivò, Helga si mise a raccontare tutto l'accaduto e le padrone avrebbero voluto prendersi quei meravigliosi abiti, dicendole che erano troppo eleganti per una povera serva come era lei. Helga, invece li tenne ben stretti e fece bene, perché dopo qualche mese un ricco contadino se la sposò così com'era, senza dote né terra e lei poté andare all'altare vestita meglio di una regina.L'anno dopo, la figlia della vedova avara, ricordando la fortuna di Helga, volle restare sola a casa la vigilia di Natale per vedere se i folletti avrebbero regalato qualcosa anche a lei. Appena gli altri furono usciti, ecco arrivare la bimbetta con lo scodellino in mano che le chiese un pezzettino di carne. "Vattene via brutta stracciona! Chi mi dice che la tua casa non sia più ricca della mia?"disse la perfida donna dando un colpo sul braccio della piccola facendole cadere lo scodellino a terra che si ruppe in mille pezzi. La piccola corse via piangendo e la donna nemmeno si accorse che i suoi piedini non lasciavano tracce sulla neve fresca. Cosa successe dopo non si é mai saputo, ma quando la madre e i servi tornarono a casa trovarono tutto sottosopra e fracassato. Quanto alla figlia, giaceva in terra con i vestiti strappati, i capelli legati in cento nodi e la pelle segnata da lividi di mille pizzicotti,segno che non si era per niente divertita quella notte alla festa dei folletti.
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15 Anni 4 Settimane fa #3382
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
Bello è il mare che bagna la costa!!
Sembra un docile essere che chiede coccole dalla terra, immobile e ferma anche nel suo carattere.
E’ l’eterno movimento che lo rende così affascinante, è la sua continua evoluzione che lo rende così misterioso.
Grande è il suo incarico: nascondere all’uomo quante più cose possibili.
Il mare è la veste della terra e nessuna fantasia umana è così forte da poterla immaginare nuda.
Ma cosa nasconde? Perché?
Sono tante le leggende che si raccontano sui mari, mari che nascondono mostri , mari che risucchiano isole in un lampo, mari che si aprono, mari che si insanguinano.
L’idea di poter meglio conoscere i suoi misteri mi ha spinto a partecipare a numerosi corsi di immersione, non sono serviti che ad apprezzare di più la natura ed a esaurire qualche soldo messo da parte. Non mi è bastato mettere la testa giù per scoprire i suoi segreti né basterà a nessun altro. Il suo potenziale va ben oltre la nostra capacità visiva.
Non esiste migliore vacanza di quella che si fa al mare. E’ da tanti anni ormai che appena possibile, trovo rifugio in una vecchia pensione di una piccola isola. Non è il massimo del comfort, una parete su quattro della stanza è umida e di colore diverso. E’ la parete più stanca perché tiene a bada le onde del mare e accudisce come una madre le persone che, come me, cercano protezione dall’altra parte di essa.
Avete mai sentito il rumore del mare mentre cercate di addormentarvi? E’ stupendo, non è un rumore ma un vero e proprio sussurro, a volte è come giudice che ti ammonisce, altre è come un amante che ti parla con un filo di voce appena giusto per arrivarti al cuore. Il mare ci parla.
Durante i miei riposi periodici ho sempre cercato di lasciare tutto alle spalle ma alcuni pensieri sono duri ad estinguersi. Te li porti ovunque tu vada, ti accompagnano fino alla morte. Ma i pensieri non sono gli unici bagagli, anche il mare è sempre lo stesso e quello che fai in una parte del mondo, ti viene ricordato e sussurrato dal mare dalla parte opposta.
E’ un miracolo perpetuo che avviene senza alcuna interruzione, è un dialogo fra una coscienza e il mare.
Il dialogo col mare è una magia che ti sconvolge ogni volta, è una interazione fra dimensioni diverse. Spesso mi trovavo in possesso di un cumulo di risposte senza domande o domande senza risposte ma ero certo che prima o poi avrei raggiunto uno stato di equilibro, una intesa perfetta che avrebbe fatto di me non un semplice interlocutore, ma un amico del mare.
Una notte, la più bella notte, i pensieri mi affollarono la mente, mi resero incapace di dormire, di ragionare, di fare qualsiasi altra cosa dettata dalla mia volontà. Mi agitarono, mi violentarono, mi disprezzarono.
L’amico mare bussò con impeto alla parete oramai giallastra fino a far vibrare il letto accostato ad essa.
E cominciò il nostro dialogo.
I pensieri man mano sfollavano la mia mente, delusi come degli invitati che vanno via da un ricevimento mal riuscito.
Quello è stato il nostro ultimo dialogo…….una finestra aperta verso il mare ha fatto di noi un'unica cosa, ora sono parte integrante di esso.
Mi muovo con lui, penso con lui.
Ogni notte, giro per il mondo alla ricerca di una coscienza con cui parlare.
Sembra un docile essere che chiede coccole dalla terra, immobile e ferma anche nel suo carattere.
E’ l’eterno movimento che lo rende così affascinante, è la sua continua evoluzione che lo rende così misterioso.
Grande è il suo incarico: nascondere all’uomo quante più cose possibili.
Il mare è la veste della terra e nessuna fantasia umana è così forte da poterla immaginare nuda.
Ma cosa nasconde? Perché?
Sono tante le leggende che si raccontano sui mari, mari che nascondono mostri , mari che risucchiano isole in un lampo, mari che si aprono, mari che si insanguinano.
L’idea di poter meglio conoscere i suoi misteri mi ha spinto a partecipare a numerosi corsi di immersione, non sono serviti che ad apprezzare di più la natura ed a esaurire qualche soldo messo da parte. Non mi è bastato mettere la testa giù per scoprire i suoi segreti né basterà a nessun altro. Il suo potenziale va ben oltre la nostra capacità visiva.
Non esiste migliore vacanza di quella che si fa al mare. E’ da tanti anni ormai che appena possibile, trovo rifugio in una vecchia pensione di una piccola isola. Non è il massimo del comfort, una parete su quattro della stanza è umida e di colore diverso. E’ la parete più stanca perché tiene a bada le onde del mare e accudisce come una madre le persone che, come me, cercano protezione dall’altra parte di essa.
Avete mai sentito il rumore del mare mentre cercate di addormentarvi? E’ stupendo, non è un rumore ma un vero e proprio sussurro, a volte è come giudice che ti ammonisce, altre è come un amante che ti parla con un filo di voce appena giusto per arrivarti al cuore. Il mare ci parla.
Durante i miei riposi periodici ho sempre cercato di lasciare tutto alle spalle ma alcuni pensieri sono duri ad estinguersi. Te li porti ovunque tu vada, ti accompagnano fino alla morte. Ma i pensieri non sono gli unici bagagli, anche il mare è sempre lo stesso e quello che fai in una parte del mondo, ti viene ricordato e sussurrato dal mare dalla parte opposta.
E’ un miracolo perpetuo che avviene senza alcuna interruzione, è un dialogo fra una coscienza e il mare.
Il dialogo col mare è una magia che ti sconvolge ogni volta, è una interazione fra dimensioni diverse. Spesso mi trovavo in possesso di un cumulo di risposte senza domande o domande senza risposte ma ero certo che prima o poi avrei raggiunto uno stato di equilibro, una intesa perfetta che avrebbe fatto di me non un semplice interlocutore, ma un amico del mare.
Una notte, la più bella notte, i pensieri mi affollarono la mente, mi resero incapace di dormire, di ragionare, di fare qualsiasi altra cosa dettata dalla mia volontà. Mi agitarono, mi violentarono, mi disprezzarono.
L’amico mare bussò con impeto alla parete oramai giallastra fino a far vibrare il letto accostato ad essa.
E cominciò il nostro dialogo.
I pensieri man mano sfollavano la mia mente, delusi come degli invitati che vanno via da un ricevimento mal riuscito.
Quello è stato il nostro ultimo dialogo…….una finestra aperta verso il mare ha fatto di noi un'unica cosa, ora sono parte integrante di esso.
Mi muovo con lui, penso con lui.
Ogni notte, giro per il mondo alla ricerca di una coscienza con cui parlare.
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15 Anni 3 Settimane fa #3429
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
Il momento era propizio.
Il grande cigno di porcellana addormentato sul tavolo dorato iniziò lentamente a rialzare il capo e, con un balzo leggero, fu sul pavimento della stanza del Re. Guardò la sua immagine riflessa nel grande specchio e sospirò.
In quel momento il Re uscì dal quadro che si trovava sulla parete a lato del suo ricco letto monumentale.
Si avvicinò raggiante al cigno e lo baciò sul capo accarezzandone il lungo collo bianco.
In quell'istante il cigno iniziò a brillare di una luce accecante che lentamente lo catturò lasciando il posto ad una bellissima figura di giovane uomo che teneva un violino appoggiato sulla spalla.
- Grazie - sussurrò il Re.
Un crescendo di voci iniziò ad espandersi per la stanza.
- Ora possiamo uscire, venite anche voi - disse il Re.
Si incamminarono, il Re e il musicista, verso l'uscita del castello. La scia di quelle voci li seguiva.
La magia della notte li accolse. Una splendida luna piena illuminava il silvestre paesaggio notturno dove spiccava il turrito castello addormentato.
Non c'erano mai stati soldati in quel castello e nemmeno prigioni.
Il Re procedeva lentamente, seguito dall'elegante giovane, dirigendosi verso un lago argentato nel quale la luna si specchiava civettuola.
Vicino alla riva era ad attenderli una splendida barca a forma di conchiglia sulla quale presero posto il Re e il giovane musicista. Quando si furono accomodati, la barca iniziò a muoversi lentamente scivolando sulle acque chete del lago.
- Ora, puoi iniziare - disse il Re, rivolgendosi al suo vicino.
Questi si alzò in piedi e, poggiato nuovamente il violino sulla spalla, iniziò a suonare una musica dolcissima. Il Re chiuse gli occhi ascoltando estasiato.
Quella musica irresistibile svegliò le fate e i folletti dei boschi circostanti che accorsero sul luogo incuriositi.
Lo spettacolo che si presentò ai loro occhi li turbò piacevolmente.
Dalla barca a forma di conchiglia giungeva loro quella musica melodiosa al suono della quale delle figure umane evanescenti danzavano, tenendosi per mano, cingendo la superficie del lago e digradando nei prati.
- Ogni estate, nelle limpide notti di luna piena, il Re organizza per loro questa festa - disse il Principe degli Elfi.
- E' grazie alla loro arte e al loro lavoro che esiste il magnifico castello con le sue meravigliose fontane e i variopinti giardini - asserì la Regina delle Fate.
Fate e folletti si unirono quindi alle danze in un baluginante luccichio che si confondeva con quello delle stelle.
Sazia di tale spettacolo, la notte si strinse nel suo scuro mantello e scivolò dietro i monti dove l' alba l'attendeva. Questa fece appena in tempo a udire le ultime note di quella musica divina mentre ogni figura dileguava veloce verso il castello. Il Re tornò nel quadro, il cigno sul tavolo dorato ed ogni altra figura si nascose rimpicciolendosi dietro i riccioli d'oro delle cornici, dietro gli specchi, le finissime porcellane, le cristallerie, gli arazzi, i dipinti, i legni finemente lavorati e tutto ciò che impreziosiva ogni angolo di quel luogo incantato.
Il sole era ritornato sorridente sul suo scranno dorato a inondare il mondo di luce e di vita.
I primi visitatori cominciarono a giungere, ansiosi di vedere...
Ogni giorno arrivava tantissima gente da tutto il mondo perché quel castello era opera di rara bellezza in cui solo l'arte regnava sovrana.
E le fate e gli elfi sapevano chi stava nascosto fra le sue meraviglie.
Il grande cigno di porcellana addormentato sul tavolo dorato iniziò lentamente a rialzare il capo e, con un balzo leggero, fu sul pavimento della stanza del Re. Guardò la sua immagine riflessa nel grande specchio e sospirò.
In quel momento il Re uscì dal quadro che si trovava sulla parete a lato del suo ricco letto monumentale.
Si avvicinò raggiante al cigno e lo baciò sul capo accarezzandone il lungo collo bianco.
In quell'istante il cigno iniziò a brillare di una luce accecante che lentamente lo catturò lasciando il posto ad una bellissima figura di giovane uomo che teneva un violino appoggiato sulla spalla.
- Grazie - sussurrò il Re.
Un crescendo di voci iniziò ad espandersi per la stanza.
- Ora possiamo uscire, venite anche voi - disse il Re.
Si incamminarono, il Re e il musicista, verso l'uscita del castello. La scia di quelle voci li seguiva.
La magia della notte li accolse. Una splendida luna piena illuminava il silvestre paesaggio notturno dove spiccava il turrito castello addormentato.
Non c'erano mai stati soldati in quel castello e nemmeno prigioni.
Il Re procedeva lentamente, seguito dall'elegante giovane, dirigendosi verso un lago argentato nel quale la luna si specchiava civettuola.
Vicino alla riva era ad attenderli una splendida barca a forma di conchiglia sulla quale presero posto il Re e il giovane musicista. Quando si furono accomodati, la barca iniziò a muoversi lentamente scivolando sulle acque chete del lago.
- Ora, puoi iniziare - disse il Re, rivolgendosi al suo vicino.
Questi si alzò in piedi e, poggiato nuovamente il violino sulla spalla, iniziò a suonare una musica dolcissima. Il Re chiuse gli occhi ascoltando estasiato.
Quella musica irresistibile svegliò le fate e i folletti dei boschi circostanti che accorsero sul luogo incuriositi.
Lo spettacolo che si presentò ai loro occhi li turbò piacevolmente.
Dalla barca a forma di conchiglia giungeva loro quella musica melodiosa al suono della quale delle figure umane evanescenti danzavano, tenendosi per mano, cingendo la superficie del lago e digradando nei prati.
- Ogni estate, nelle limpide notti di luna piena, il Re organizza per loro questa festa - disse il Principe degli Elfi.
- E' grazie alla loro arte e al loro lavoro che esiste il magnifico castello con le sue meravigliose fontane e i variopinti giardini - asserì la Regina delle Fate.
Fate e folletti si unirono quindi alle danze in un baluginante luccichio che si confondeva con quello delle stelle.
Sazia di tale spettacolo, la notte si strinse nel suo scuro mantello e scivolò dietro i monti dove l' alba l'attendeva. Questa fece appena in tempo a udire le ultime note di quella musica divina mentre ogni figura dileguava veloce verso il castello. Il Re tornò nel quadro, il cigno sul tavolo dorato ed ogni altra figura si nascose rimpicciolendosi dietro i riccioli d'oro delle cornici, dietro gli specchi, le finissime porcellane, le cristallerie, gli arazzi, i dipinti, i legni finemente lavorati e tutto ciò che impreziosiva ogni angolo di quel luogo incantato.
Il sole era ritornato sorridente sul suo scranno dorato a inondare il mondo di luce e di vita.
I primi visitatori cominciarono a giungere, ansiosi di vedere...
Ogni giorno arrivava tantissima gente da tutto il mondo perché quel castello era opera di rara bellezza in cui solo l'arte regnava sovrana.
E le fate e gli elfi sapevano chi stava nascosto fra le sue meraviglie.
15 Anni 3 Settimane fa - 15 Anni 3 Settimane fa #3431
da AnyWay
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Risposta da AnyWay al topic Re:Miti e Leggende
Segnalo la leggenda del
coniglio di sConsuelo
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Ultima Modifica 15 Anni 3 Settimane fa da AnyWay.
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15 Anni 3 Settimane fa - 15 Anni 3 Settimane fa #3432
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
Si racconta che tanti anni fa, in un bosco del Giappone, vivessero tre amici: un coniglio, una volpe ed una scimmia.
Un bel giorno un Dio scese dal cielo prendendo le sembianze di un povero vecchio e decise di visitare il Giappone. Passando dal bosco in cui vivevano i tre amici si fermò esausto ed affamato per riposare. Quando i tre amici passarono e videro il vecchio seduto su una pietra gli si avvicinarono per rassicurarsi sulle sue condizioni e il vecchio disse loro: "Ho viaggiamo molto e sono stanco, potrei avere qualcosa da mangiare?"
E così i tre si misero alla ricerca di cibo.
La scimmia fù la prima a tornare con della frutta mentre la volpe arrivo subito dopo portando con sè dei pesci pescati in un vicino stagno.
Dopo una lunga attesa arrivo anche il coniglio a mani vuote e rivolgendosi al vecchio disse: "Perdonami ma io non so arrampicarmi sugli alberi per raccogliere frutti e non sono in grado di catturare pesci come ha fatto la volpe"
Rattristato per non essere riuscito ad aiutare il vecchio ebbe un'idea e chiese ai suoi amici di portargli dei ramoscelli e delle foglie secche.
A quel punto accese un fuoco e disse: "Non essendo riuscito a portarti altro ti offrirò me stesso!" E così saltò nel fuoco sacrificando la sua vita davanti agli sguardi increduli del vecchio e dei due amici.
Davanti a questa scena il Dio decise di manifestarsi, ed togliendo il coniglio dal fuoco disse:"Sono un Dio sceso dal cielo per visitare le vostre terre e mettere alla prova il vostro altruismo. Il vostro amico coniglio bianco ha sacrificato la sua vita per aiutarmi e in segno di gratitudine lo porterò con me sulla luna nella mia dimora dove voi potrete ammirarlo per l'eternità durante le notti di luna piena"
Nella prossima notte di luna piena, guardate in cielo e vedrete che non farete fatica a scorgere la figura del coniglio che picchia il riso nel mortaio.
Un bel giorno un Dio scese dal cielo prendendo le sembianze di un povero vecchio e decise di visitare il Giappone. Passando dal bosco in cui vivevano i tre amici si fermò esausto ed affamato per riposare. Quando i tre amici passarono e videro il vecchio seduto su una pietra gli si avvicinarono per rassicurarsi sulle sue condizioni e il vecchio disse loro: "Ho viaggiamo molto e sono stanco, potrei avere qualcosa da mangiare?"
E così i tre si misero alla ricerca di cibo.
La scimmia fù la prima a tornare con della frutta mentre la volpe arrivo subito dopo portando con sè dei pesci pescati in un vicino stagno.
Dopo una lunga attesa arrivo anche il coniglio a mani vuote e rivolgendosi al vecchio disse: "Perdonami ma io non so arrampicarmi sugli alberi per raccogliere frutti e non sono in grado di catturare pesci come ha fatto la volpe"
Rattristato per non essere riuscito ad aiutare il vecchio ebbe un'idea e chiese ai suoi amici di portargli dei ramoscelli e delle foglie secche.
A quel punto accese un fuoco e disse: "Non essendo riuscito a portarti altro ti offrirò me stesso!" E così saltò nel fuoco sacrificando la sua vita davanti agli sguardi increduli del vecchio e dei due amici.
Davanti a questa scena il Dio decise di manifestarsi, ed togliendo il coniglio dal fuoco disse:"Sono un Dio sceso dal cielo per visitare le vostre terre e mettere alla prova il vostro altruismo. Il vostro amico coniglio bianco ha sacrificato la sua vita per aiutarmi e in segno di gratitudine lo porterò con me sulla luna nella mia dimora dove voi potrete ammirarlo per l'eternità durante le notti di luna piena"
Nella prossima notte di luna piena, guardate in cielo e vedrete che non farete fatica a scorgere la figura del coniglio che picchia il riso nel mortaio.
Ultima Modifica 15 Anni 3 Settimane fa da LaDea.
15 Anni 3 Settimane fa #3433
da AnyWay
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Risposta da AnyWay al topic Re:Miti e Leggende
sConsuelo, il tuo coniglio è un po' ovunque :O
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- lagunablu69
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15 Anni 2 Settimane fa - 15 Anni 2 Settimane fa #3488
da lagunablu69
Risposta da lagunablu69 al topic Re:Miti e Leggende
Leggenda CUORE di MAMMA.
C’era un ragazzo molto buono,amato da tutte le persone che lo conoscevano ,rispettava e obbediva i suoi genitori…..
Col passare degli anni, vuoi per le compagnie,vuoi perché in lui era cresciuto uno spirito ribelle, il ragazzo iniziò a cambiare e a farsi molto diverso da quello che era stato, fino a diventare una persona cattiva e crudele…Con l’andare del tempo continuava a peggiorare, finché non fu arrestato e condannato per le numerose onte delle quali si era macchiato.
Nella solitudine della sua prigionia, andò a fargli visita li Diavolo,il quale con i suoi subdoli mezzi gli promise salva la vita e l’anima se il ragazzo gli avesse consegnato il cuore di sua madre.
Il ragazzo riuscì ad evadere…e tornò a casa dei genitori per uccidere la madre e strapparle il cuore..
Con il cuore della sua mamma in mano corse a perdifiato per consegnarlo al Diavolo,ma nella sua folle corsa per la fretta inciampò e cadde a terra facendo ruzzolare il cuore nella terra e nella polvere.Il cuore della mamma fermatosi, dopo la caduta, si girò verso il giovane e gli chiese:”Ti sei fatto male figliolo?..”………………..
C’era un ragazzo molto buono,amato da tutte le persone che lo conoscevano ,rispettava e obbediva i suoi genitori…..
Col passare degli anni, vuoi per le compagnie,vuoi perché in lui era cresciuto uno spirito ribelle, il ragazzo iniziò a cambiare e a farsi molto diverso da quello che era stato, fino a diventare una persona cattiva e crudele…Con l’andare del tempo continuava a peggiorare, finché non fu arrestato e condannato per le numerose onte delle quali si era macchiato.
Nella solitudine della sua prigionia, andò a fargli visita li Diavolo,il quale con i suoi subdoli mezzi gli promise salva la vita e l’anima se il ragazzo gli avesse consegnato il cuore di sua madre.
Il ragazzo riuscì ad evadere…e tornò a casa dei genitori per uccidere la madre e strapparle il cuore..
Con il cuore della sua mamma in mano corse a perdifiato per consegnarlo al Diavolo,ma nella sua folle corsa per la fretta inciampò e cadde a terra facendo ruzzolare il cuore nella terra e nella polvere.Il cuore della mamma fermatosi, dopo la caduta, si girò verso il giovane e gli chiese:”Ti sei fatto male figliolo?..”………………..
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Ultima Modifica 15 Anni 2 Settimane fa da lagunablu69.
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15 Anni 2 Settimane fa #3495
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
madòòò che bella
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da lagunablu69
Risposta da lagunablu69 al topic Re:Miti e Leggende
si:) l'avevo sentita tempo fa a "Chi vuol essere milionario".. mi sembra..
e mi ha commossa
e mi ha commossa
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15 Anni 2 Settimane fa #3511
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
La leggenda della Passiflora
Nei giorni lontani, quando il mondo era tutto nuovo, la primavera fece balzare dalle tenebre verso la luce tutte le piante della Terra, e tutte fiorirono come per incanto.Solo una pianta non udì il richiamo della primavera, e quando finalmente riuscì a rompere la dura zolla la primavera era già lontana…- Fa’ che anch’io fiorisca, o Signore! - Pregò la piantina.- Tu pure fiorirai - rispose il Signore.- Quando? - chiese con ansia la piccola pianta senza nome.- Un giorno… - e l’occhio di Dio si velò di tristezza.
Era ormai passato molto tempo, la primavera anche quell’anno era venuta e al suo tocco le piante del Golgota avevano aperto i loro fiori. Tutte le piante, fuorché la piantina senza nome.Il vento portò l’eco di urla sguaiate, di gemiti, di pianti: un uomo avanzava fra la folla urlante, curvo sotto la croce. Aveva il volto sfigurato dal dolore e dal sangue.- Vorrei piangere anch’io come piangono gli uomini - pensò la piantina con un fremito…Gesù in quel momento le passava accanto, e una lacrima mista a sangue cadde sulla piantina pietosa. Subito sbocciò un fiore bellissimo, che portava nella corolla gli strumenti della passione: una corona, un martello, dei chiodi. Era la passiflora, il fiore della passione.
Nei giorni lontani, quando il mondo era tutto nuovo, la primavera fece balzare dalle tenebre verso la luce tutte le piante della Terra, e tutte fiorirono come per incanto.Solo una pianta non udì il richiamo della primavera, e quando finalmente riuscì a rompere la dura zolla la primavera era già lontana…- Fa’ che anch’io fiorisca, o Signore! - Pregò la piantina.- Tu pure fiorirai - rispose il Signore.- Quando? - chiese con ansia la piccola pianta senza nome.- Un giorno… - e l’occhio di Dio si velò di tristezza.
Era ormai passato molto tempo, la primavera anche quell’anno era venuta e al suo tocco le piante del Golgota avevano aperto i loro fiori. Tutte le piante, fuorché la piantina senza nome.Il vento portò l’eco di urla sguaiate, di gemiti, di pianti: un uomo avanzava fra la folla urlante, curvo sotto la croce. Aveva il volto sfigurato dal dolore e dal sangue.- Vorrei piangere anch’io come piangono gli uomini - pensò la piantina con un fremito…Gesù in quel momento le passava accanto, e una lacrima mista a sangue cadde sulla piantina pietosa. Subito sbocciò un fiore bellissimo, che portava nella corolla gli strumenti della passione: una corona, un martello, dei chiodi. Era la passiflora, il fiore della passione.
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