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L'Angolo delle Fate
Riduci
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14 Anni 11 Mesi fa #3728
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:L'Angolo delle Fate
rugiada sono contenta che ti piaccia questo angolo
14 Anni 11 Mesi fa #3734
da rugiada
Risposta da rugiada al topic Re:L'Angolo delle Fate
E' molto bello ! E' un'argomento interessante e pieno di colori.
Hai tanta fantasia e sensibilità.
Mi piace stare qui
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Riduci
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14 Anni 11 Mesi fa - 14 Anni 4 Mesi fa #3735
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:L'Angolo delle Fate
Se le fate sono delle dame dell’altro mondo, allora Viviana è certamente una fata. Suo padre, il re Dionas, era il figlioccio della dea Diana, e Viviana, fin dall’infanzia, si è consacrata alla foresta di Brocèliande che attraversa senza sosta.
Viene istruita nella scienza delle piante e delle stelle. Quando, a circa quindici anni, incontra Merlino vicino alla fontana di Barenton, rimane affascinata dalla sua scienza e dal suo mistero. Il mago la prende come allieva perché la ama ed ha la sua stessa natura. I loro rapporti sono quelli di due innamorati, forse di due amanti, soprattutto quelli di due iniziati che parlano la stessa lingua.
A Comper, nella valle che si stende dinanzi alla vecchia roccaforte di Dionas, Merlino costruisce per Viviana un meraviglioso palazzo di cristallo. Affinché non venga disturbato dagli sguardi degli uomini, Merlino ne nasconde l’apparenza dandogli le sembianze di un lago. Un’illusione così perfetta che ancora oggi alcune persone, davanti al lago, convinte della realtà di ciò che vedono, dimenticano a volte l’esistenza del castello di cristallo. E’ pur vero che rari sono coloro ai quali Viviana, la dama del lago, permette di vedere anche per un solo istante il riflesso del suo regno.
Molti anni dopo l’incontro della fata e del mago, il re Ban di Bènoic e la regina Elena, fuggendo dal loro regno invaso dal re Claudas della terra deserta, arrivano a Brocèliande. Il re muore di dispiacere e di stanchezza. La regina vede con dolore Lancilotto, il figlio giovinetto trascinato sotto l’acqua di un magnifico lago da una dama vestita di bianco. Come poteva sapere, la regina Elena, che la dama era Viviana e che il lago non esisteva? Disperata, la regina si ritira in un convento.
La dama del lago cresce il ragazzo come fosse suo figlio. Gli insegna le scienze, le arti e le armi e lo educa allo spirito della cavalleria. Quando Lancilotto compie quindici anni, Viviana gli svela che deve lasciare il regno incantato per diventare cavaliere della tavola rotonda. Crudele separazione! Lancilotto arriva alla corte del re Artù vestito di bianco, straordinariamente bello, appena uscito da un’infanzia fiabesca. Nonostante la sua giovinezza, diventa il miglior cavaliere.
Per sua fortuna e sfortuna però, si innamora di Ginevra, moglie di re Artù.
Se Viviana offre il cavaliere al mondo degli uomini, ne strappa il Mago. Per conservare accanto a sé il vagabondo delle foreste e delle corti reali, cerca di conoscere la più pericolosa delle sue magie, quella che permette di imprigionare senza sbarre, mura o catene… Merlino ha capito da molto tempo qual è il desiderio di Viviana, quando un giorno di maggio, dopo aver errato a lungo nella foresta, le dice le nove frasidell’incatesimo. Egli sa che i giorni della tavola rotonda sono contati, che si annuncia la ricerca del Graal, che dopo l’ultima battaglia re Artù scomparirà dalla vista degli uomini per secoli e secoli.
Allora Merlino sceglie di lasciarsi rinchiudere dalla donna amata a Brocèliande e di vivervi, invisibile ma presente, insieme agli alberi, agli animali e alle stelle.
Fonte Brian Froud e Alan Lee dal Bosco di Sellena
Viene istruita nella scienza delle piante e delle stelle. Quando, a circa quindici anni, incontra Merlino vicino alla fontana di Barenton, rimane affascinata dalla sua scienza e dal suo mistero. Il mago la prende come allieva perché la ama ed ha la sua stessa natura. I loro rapporti sono quelli di due innamorati, forse di due amanti, soprattutto quelli di due iniziati che parlano la stessa lingua.
A Comper, nella valle che si stende dinanzi alla vecchia roccaforte di Dionas, Merlino costruisce per Viviana un meraviglioso palazzo di cristallo. Affinché non venga disturbato dagli sguardi degli uomini, Merlino ne nasconde l’apparenza dandogli le sembianze di un lago. Un’illusione così perfetta che ancora oggi alcune persone, davanti al lago, convinte della realtà di ciò che vedono, dimenticano a volte l’esistenza del castello di cristallo. E’ pur vero che rari sono coloro ai quali Viviana, la dama del lago, permette di vedere anche per un solo istante il riflesso del suo regno.
Molti anni dopo l’incontro della fata e del mago, il re Ban di Bènoic e la regina Elena, fuggendo dal loro regno invaso dal re Claudas della terra deserta, arrivano a Brocèliande. Il re muore di dispiacere e di stanchezza. La regina vede con dolore Lancilotto, il figlio giovinetto trascinato sotto l’acqua di un magnifico lago da una dama vestita di bianco. Come poteva sapere, la regina Elena, che la dama era Viviana e che il lago non esisteva? Disperata, la regina si ritira in un convento.
La dama del lago cresce il ragazzo come fosse suo figlio. Gli insegna le scienze, le arti e le armi e lo educa allo spirito della cavalleria. Quando Lancilotto compie quindici anni, Viviana gli svela che deve lasciare il regno incantato per diventare cavaliere della tavola rotonda. Crudele separazione! Lancilotto arriva alla corte del re Artù vestito di bianco, straordinariamente bello, appena uscito da un’infanzia fiabesca. Nonostante la sua giovinezza, diventa il miglior cavaliere.
Per sua fortuna e sfortuna però, si innamora di Ginevra, moglie di re Artù.
Se Viviana offre il cavaliere al mondo degli uomini, ne strappa il Mago. Per conservare accanto a sé il vagabondo delle foreste e delle corti reali, cerca di conoscere la più pericolosa delle sue magie, quella che permette di imprigionare senza sbarre, mura o catene… Merlino ha capito da molto tempo qual è il desiderio di Viviana, quando un giorno di maggio, dopo aver errato a lungo nella foresta, le dice le nove frasidell’incatesimo. Egli sa che i giorni della tavola rotonda sono contati, che si annuncia la ricerca del Graal, che dopo l’ultima battaglia re Artù scomparirà dalla vista degli uomini per secoli e secoli.
Allora Merlino sceglie di lasciarsi rinchiudere dalla donna amata a Brocèliande e di vivervi, invisibile ma presente, insieme agli alberi, agli animali e alle stelle.
Fonte Brian Froud e Alan Lee dal Bosco di Sellena
Ultima Modifica 14 Anni 4 Mesi fa da LaDea.
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14 Anni 11 Mesi fa - 14 Anni 4 Mesi fa #3750
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:L'Angolo delle Fate
L'ho visto e l'ho cercato, il posto fatato tanto amato.
Dal tramonto al mattino con l'innocente sguardo di un bambino.
Piccole e legiadre, lor danzan attorno alla loro madre.
Poi una, tra le più belle corse ad accendere le stelle,
soffiando su una ad una
la magica luce che da sempre sul nostro cammino riluce.
Sorgi o Luna, tramonta Sole… sbocciano dall’oscurità con pallido tremore.
Tutto è notte, tutto è incanto quando al calar del Confine,
solo per una notte, intonano un canto.
Soavi come fiammelle danzano gemelle
al cospetto di una Dea allor cara e mai rèa.
Hanno la notte come manto per difendersi dall’oscuro,
stelle per guardare e raggi lunari sulla pelle.
La natura è loro casa, ed il posto tra il sonno e la veglia ne è il regno.
Quando il cielo si oscura e di mille frantumi si gremisce
lor scendono beate da ancor chi le concepisce.
Tratto dal Bosco di Sellena
Cuore nobile, cuor di fanciullo… con tenue sospiro accendono sogni e spengono il vigore ,
vegliando su di noi sino al sorgere del nuovo tepore.
Dal tramonto al mattino con l'innocente sguardo di un bambino.
Piccole e legiadre, lor danzan attorno alla loro madre.
Poi una, tra le più belle corse ad accendere le stelle,
soffiando su una ad una
la magica luce che da sempre sul nostro cammino riluce.
Sorgi o Luna, tramonta Sole… sbocciano dall’oscurità con pallido tremore.
Tutto è notte, tutto è incanto quando al calar del Confine,
solo per una notte, intonano un canto.
Soavi come fiammelle danzano gemelle
al cospetto di una Dea allor cara e mai rèa.
Hanno la notte come manto per difendersi dall’oscuro,
stelle per guardare e raggi lunari sulla pelle.
La natura è loro casa, ed il posto tra il sonno e la veglia ne è il regno.
Quando il cielo si oscura e di mille frantumi si gremisce
lor scendono beate da ancor chi le concepisce.
Tratto dal Bosco di Sellena
Cuore nobile, cuor di fanciullo… con tenue sospiro accendono sogni e spengono il vigore ,
vegliando su di noi sino al sorgere del nuovo tepore.
Ultima Modifica 14 Anni 4 Mesi fa da LaDea.
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14 Anni 11 Mesi fa - 14 Anni 4 Mesi fa #3755
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:L'Angolo delle Fate
Il termine Fata deriva dall'antico Faunoe o Fatuoe, che nella mitologia pagana indicava le compagne dei fauni, le mitiche creature dei boschi di mitologica memoria.
Sembra che questo termine abbia un derivato anche dal latino fatum - augurio, destino - che indicava una delle proprietà, forse la principale, delle Fate stesse. li dizionario dice che le Fate sono: «Incantevoli figure femminili della mitologia popolare, dotate di poteri magici e generalmente benefici.
Dal modello primigenio sono poi scaturite molteplici derivazioni, che hanno assegnato a questa figura toni e caratteri anche opposti e in contraddizione tra di loro. Le Fate sono geni della natura tipiche della mitologia celtica.
Infatti vivono presso le sorgenti, gli alberi e i boschi ritenuti sacri e appaiono spesso ai neonati, ai quali predicono il futuro. Secondo la tradizione, infatti, presiedono alla nascita degli esseri umani per conferire loro doti particolari e per influenzarne l'esistenza in modo benevolo o malevolo. Di solito sono presenze molto discrete e invisibili ma, quando decidono di materializzarsi, appaiono nelle sembianze di splendide fanciulle vestite di leggerissimi veli, con una coroncina di fiori e di foglie tra i capelli fluenti.
Qualcuno afferma che queste creature siano fatte da una sorta di «nube condensata» o di «aria coagulata» piuttosto evanescente, che somiglia a forme luminose e un po’ misteriose come potrebbero essere i fulmini globulari, ma questo naturalmente quando non hanno assunto una forma umana.
Quando e come le Fate sono venute a popolare il nostro mondo nessuno può dirlo con certezza. Di sicuro esistevano prima che noi ne fossimo coscienti e qualche essere umano aveva già, in tempi remoti, sporadici ma proficui contatti con quel misterioso universo che si estende al di là del nostro mondo fisico, dove vivono le energie sottili dell' Altro Regno.
Poi, un bel giorno, ci siamo accorti che le creature di luce erano qui in mezzo a noi, nascoste da un'umida patina di foschia che non era più nebbia fitta, ma non ancora aria limpida. E abbiamo cominciato a conoscerle bene.
Queste creature, anime invisibili di un antico culto nato e cresciuto nel fertile terreno della fantasia, fanno parte di quel complesso vario ed omogeneo della vita spirituale di ogni individuo nel quale si è maturato il lento processo della religione.
Forse si trattava, anticamente, di dee dei pantheon pagani poi mutate in figure leggendarie destinate ad entrare nei miti, nelle leggende popolari e nel folklore oppure chissà, pure essenze luminose al pari degli Angeli della tradizione cristiana, spiriti decaduti ma pur sempre di rango elevato rispetto a noi della Gente Alta. Verso la fine del XVII secolo divennero di moda i racconti di Fate, e, in seguito alla pubblicazione di opere di autori come Perrault e d'Aulnoy, ebbero una discreta fortuna anche in Germania e nei paesi di lingua tedesca.
Gli scrittori latini del medioevo le chiamavano bonae mulieres o dominae nocturnae per sottolinearne le caratteristiche. Secondo Lecouteux l'immagine delle Fate si è sviluppata seguendo due filoni principali: mentre da un lato le antiche Parche (Norne) furono associate all'immagine delle matrones (dee madri), dall'altro le innumerevoli Ninfe, Driadi, Diana stessa ecc., furono comprese sotto il concetto generico di «spiriti campestri» e costoro vennero in seguito assimilate alla figura di Fata in quanto esseri spirituali il cui habitat era la natura stessa.
Le Fate, come abbiamo già detto, decidono di mostrarsi agli umani prendono l'aspetto di belle fanciulle vestite di candidi veli trasparenti. Testimoni oculari hanno sostenuto a più riprese che il loro aspetto è straordinario anche se, a onor del vero, le apparizioni di questi spiriti di natura avvengono più facilmente ai bambini e alle persone che hanno conservato un certo rapporto con la natura; si dice che in corrispondenza con alcune festività del calendario pagano - Ognissanti, Calendimaggio, i Solstizi - sia molto più facile scorgere le Fate.
Uno dei passatempi usuali di questa progenie è quello della danza e del bel canto. Le Fate danzano spesso sull'erba umida di rugiada in ridde chiamate «cerchi delle Fate» ma tutto ciò può costituire un grave pericolo nei confronti degli uomini che, per pura combinazione, si trovassero a passare nelle vicinanze del luogo dove avvengono questi balli fatati. Volenti o nolenti costoro sono costretti ad entrare nel circolo danzando forsennatamente fino a che le mitiche creature non decidono di smettere. A volte può accadere che tali danze durino sette o più anni, anche se a prima vista può sembrare che siano passate solo poche ore od una sola notte! Il malcapitato può essere salvato da un compagno che, trattenuto da altri per i piedi fuori dal cerchio magico, riesca con le mani ad afferrare saldamente lo stesso strappandolo dalla ridda.
I rifugi delle Fate sono solitamente situati sotto basse collinette denominate «colline delle Fate». Le capanne, circolari e parzialmente affondate nel terreno, hanno il tetto fatto di zolle di terra sulla quale cresce la vegetazione rigogliosa tanto che, anche a breve distanza, è praticamente impossibile distinguere che si tratta di capanne.
Ma tutto ci lascia credere che esse non abbiano una fissa dimora. E che cambino abitazione come cambiano corpo. La Terra delle Fate (e degli Elfi) è ovunque e in nessun posto contemporaneamente. Non fa parte di questo nostro mondo ma, in determinate occasioni, è anche in questo mondo. Forse tutto è ridotto ad un sottile gioco di apparenze che ha ben poco da dividere con una realtà oggettiva; fatto è che la Terra delle Fate può a volte compenetrarsi con il nostro mondo tangibile, secondo l'umore degli invisibili creatori che reggono le sorti dell'universo o secondo leggi fisiche a noi ancora ignote, dando luogo ai «contatti» tra gli umani e questi abitanti dell'Altro Regno.
(Le creature del piccolo popolo di Dario Spada)dal Bosco di sellena
Sembra che questo termine abbia un derivato anche dal latino fatum - augurio, destino - che indicava una delle proprietà, forse la principale, delle Fate stesse. li dizionario dice che le Fate sono: «Incantevoli figure femminili della mitologia popolare, dotate di poteri magici e generalmente benefici.
Dal modello primigenio sono poi scaturite molteplici derivazioni, che hanno assegnato a questa figura toni e caratteri anche opposti e in contraddizione tra di loro. Le Fate sono geni della natura tipiche della mitologia celtica.
Infatti vivono presso le sorgenti, gli alberi e i boschi ritenuti sacri e appaiono spesso ai neonati, ai quali predicono il futuro. Secondo la tradizione, infatti, presiedono alla nascita degli esseri umani per conferire loro doti particolari e per influenzarne l'esistenza in modo benevolo o malevolo. Di solito sono presenze molto discrete e invisibili ma, quando decidono di materializzarsi, appaiono nelle sembianze di splendide fanciulle vestite di leggerissimi veli, con una coroncina di fiori e di foglie tra i capelli fluenti.
Qualcuno afferma che queste creature siano fatte da una sorta di «nube condensata» o di «aria coagulata» piuttosto evanescente, che somiglia a forme luminose e un po’ misteriose come potrebbero essere i fulmini globulari, ma questo naturalmente quando non hanno assunto una forma umana.
Quando e come le Fate sono venute a popolare il nostro mondo nessuno può dirlo con certezza. Di sicuro esistevano prima che noi ne fossimo coscienti e qualche essere umano aveva già, in tempi remoti, sporadici ma proficui contatti con quel misterioso universo che si estende al di là del nostro mondo fisico, dove vivono le energie sottili dell' Altro Regno.
Poi, un bel giorno, ci siamo accorti che le creature di luce erano qui in mezzo a noi, nascoste da un'umida patina di foschia che non era più nebbia fitta, ma non ancora aria limpida. E abbiamo cominciato a conoscerle bene.
Queste creature, anime invisibili di un antico culto nato e cresciuto nel fertile terreno della fantasia, fanno parte di quel complesso vario ed omogeneo della vita spirituale di ogni individuo nel quale si è maturato il lento processo della religione.
Forse si trattava, anticamente, di dee dei pantheon pagani poi mutate in figure leggendarie destinate ad entrare nei miti, nelle leggende popolari e nel folklore oppure chissà, pure essenze luminose al pari degli Angeli della tradizione cristiana, spiriti decaduti ma pur sempre di rango elevato rispetto a noi della Gente Alta. Verso la fine del XVII secolo divennero di moda i racconti di Fate, e, in seguito alla pubblicazione di opere di autori come Perrault e d'Aulnoy, ebbero una discreta fortuna anche in Germania e nei paesi di lingua tedesca.
Gli scrittori latini del medioevo le chiamavano bonae mulieres o dominae nocturnae per sottolinearne le caratteristiche. Secondo Lecouteux l'immagine delle Fate si è sviluppata seguendo due filoni principali: mentre da un lato le antiche Parche (Norne) furono associate all'immagine delle matrones (dee madri), dall'altro le innumerevoli Ninfe, Driadi, Diana stessa ecc., furono comprese sotto il concetto generico di «spiriti campestri» e costoro vennero in seguito assimilate alla figura di Fata in quanto esseri spirituali il cui habitat era la natura stessa.
Le Fate, come abbiamo già detto, decidono di mostrarsi agli umani prendono l'aspetto di belle fanciulle vestite di candidi veli trasparenti. Testimoni oculari hanno sostenuto a più riprese che il loro aspetto è straordinario anche se, a onor del vero, le apparizioni di questi spiriti di natura avvengono più facilmente ai bambini e alle persone che hanno conservato un certo rapporto con la natura; si dice che in corrispondenza con alcune festività del calendario pagano - Ognissanti, Calendimaggio, i Solstizi - sia molto più facile scorgere le Fate.
Uno dei passatempi usuali di questa progenie è quello della danza e del bel canto. Le Fate danzano spesso sull'erba umida di rugiada in ridde chiamate «cerchi delle Fate» ma tutto ciò può costituire un grave pericolo nei confronti degli uomini che, per pura combinazione, si trovassero a passare nelle vicinanze del luogo dove avvengono questi balli fatati. Volenti o nolenti costoro sono costretti ad entrare nel circolo danzando forsennatamente fino a che le mitiche creature non decidono di smettere. A volte può accadere che tali danze durino sette o più anni, anche se a prima vista può sembrare che siano passate solo poche ore od una sola notte! Il malcapitato può essere salvato da un compagno che, trattenuto da altri per i piedi fuori dal cerchio magico, riesca con le mani ad afferrare saldamente lo stesso strappandolo dalla ridda.
I rifugi delle Fate sono solitamente situati sotto basse collinette denominate «colline delle Fate». Le capanne, circolari e parzialmente affondate nel terreno, hanno il tetto fatto di zolle di terra sulla quale cresce la vegetazione rigogliosa tanto che, anche a breve distanza, è praticamente impossibile distinguere che si tratta di capanne.
Ma tutto ci lascia credere che esse non abbiano una fissa dimora. E che cambino abitazione come cambiano corpo. La Terra delle Fate (e degli Elfi) è ovunque e in nessun posto contemporaneamente. Non fa parte di questo nostro mondo ma, in determinate occasioni, è anche in questo mondo. Forse tutto è ridotto ad un sottile gioco di apparenze che ha ben poco da dividere con una realtà oggettiva; fatto è che la Terra delle Fate può a volte compenetrarsi con il nostro mondo tangibile, secondo l'umore degli invisibili creatori che reggono le sorti dell'universo o secondo leggi fisiche a noi ancora ignote, dando luogo ai «contatti» tra gli umani e questi abitanti dell'Altro Regno.
(Le creature del piccolo popolo di Dario Spada)dal Bosco di sellena
Ultima Modifica 14 Anni 4 Mesi fa da LaDea.
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14 Anni 11 Mesi fa #3756
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:L'Angolo delle Fate
Valli di nebbia, fiumi tenebrosi
e boschi che somigliano alle nuvole:
poi che tutto è coperto dalle lacrime
nessuno può distinguerne le forme.
Enormi lune sorgono e tramontano
ancora, ancora, ancora...
in ogni istante
della notte inquiete, in un mutare
incessante di luogo.
E così
spengono la luce delle stelle
col sospiro del loro volto pallido.
Poi viene mezzanotte sul quadrante lunare
ed una più sottile delle altre
(di una specie che dopo lunghe prove
fu giudicata la migliore)
scende giù,
sempre giù, ancora giù,
fin quando
il suo centro si posa sulla cima
di una montagna, come una corona,
mentre l'immensa superficie,
simile a un arazzo,
s'adagia sui castelli
e sui borghi (dovunque essi si trovino)
e si distende su strane foreste,
sulle ali dei fantasmi, sopra il mare,
sulle cose che dormono e un immenso
labirinto di luce le ricopre.
Allora si fa profonda - profonda! -
la passione del sonno in ogni cosa.
Al mattino, nell'ora del risveglio,
il velo della luna si distende
lungo i cieli in tempesta e,
come tutte le cose,
rassomiglia ad un giallo albatro.
Ma quella luna non è più la stessa:
più non sembra una tenda stravagante.
A poco a poco i suoi esili atomi
si disciolgono in pioggia: le farfalle
che dalla terra salgono a cercare
ansiose il cielo e subito discendono
(creature insoddisfatte!) ce ne portano
solo una goccia sulle ali tremanti.
(Edgar Allan Poe)
e boschi che somigliano alle nuvole:
poi che tutto è coperto dalle lacrime
nessuno può distinguerne le forme.
Enormi lune sorgono e tramontano
ancora, ancora, ancora...
in ogni istante
della notte inquiete, in un mutare
incessante di luogo.
E così
spengono la luce delle stelle
col sospiro del loro volto pallido.
Poi viene mezzanotte sul quadrante lunare
ed una più sottile delle altre
(di una specie che dopo lunghe prove
fu giudicata la migliore)
scende giù,
sempre giù, ancora giù,
fin quando
il suo centro si posa sulla cima
di una montagna, come una corona,
mentre l'immensa superficie,
simile a un arazzo,
s'adagia sui castelli
e sui borghi (dovunque essi si trovino)
e si distende su strane foreste,
sulle ali dei fantasmi, sopra il mare,
sulle cose che dormono e un immenso
labirinto di luce le ricopre.
Allora si fa profonda - profonda! -
la passione del sonno in ogni cosa.
Al mattino, nell'ora del risveglio,
il velo della luna si distende
lungo i cieli in tempesta e,
come tutte le cose,
rassomiglia ad un giallo albatro.
Ma quella luna non è più la stessa:
più non sembra una tenda stravagante.
A poco a poco i suoi esili atomi
si disciolgono in pioggia: le farfalle
che dalla terra salgono a cercare
ansiose il cielo e subito discendono
(creature insoddisfatte!) ce ne portano
solo una goccia sulle ali tremanti.
(Edgar Allan Poe)
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da rugiada
Risposta da rugiada al topic Re:L'Angolo delle Fate
Grazie, davvero interessante, la storia della nascita delle fate non la conoscevo, e anche la poesia di Poe, ideale direi per le fate.
Direi che mi sento legata a queste figure magiche e libere e tu ?
Direi che mi sento legata a queste figure magiche e libere e tu ?
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da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:L'Angolo delle Fate
ma io sono una Fata :O
14 Anni 11 Mesi fa #3760
da AnyWay
Vieni in chat con me!
Risposta da AnyWay al topic Re:L'Angolo delle Fate
Si, quella della bella addormentata
Vieni in chat con me!
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