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Racconti
Riduci
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14 Anni 10 Mesi fa #4857
da LaDea
La ragazza d'acciaio
(Jacques Prévert)
Ragazza d'acciaio non amava nessuno al mondo
Non amava nessuno eccetto colui che amava
Il mio innamorato il mio amante colui che mi attraeva
Ora tutto è cambiato è lui che ha cessato di
amarmi
Il mio innamorato che ha cessato di attirarmi sono io?
Non lo so e poi cosa cambia?
Sono ora stesa sulla paglia umida
dell'amore
Tutta sola con tutti gli altri tutta sola disperata
Ragazza di latta ragazza arrugginita
O amore amore mio morto o vivo
Voglio che tu ricordi del passato
Amore che mi amavi da me ricambiato.
(Jacques Prévert)
Ragazza d'acciaio non amava nessuno al mondo
Non amava nessuno eccetto colui che amava
Il mio innamorato il mio amante colui che mi attraeva
Ora tutto è cambiato è lui che ha cessato di
amarmi
Il mio innamorato che ha cessato di attirarmi sono io?
Non lo so e poi cosa cambia?
Sono ora stesa sulla paglia umida
dell'amore
Tutta sola con tutti gli altri tutta sola disperata
Ragazza di latta ragazza arrugginita
O amore amore mio morto o vivo
Voglio che tu ricordi del passato
Amore che mi amavi da me ricambiato.
Riduci
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14 Anni 10 Mesi fa #4872
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Racconti
"Ecco alcune delle cose che ho imparato nella vita:
- Che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà.
E per questo, bisognerà che tu la perdoni.
- Che ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla.
- Che non dobbiamo cambiare amici, se comprendiamo che gli amici cambiano.
- Che le circostanze e l’ambiente hanno influenza su di noi, ma noi siamo responsabili di noi stessi.
- Che, o sarai tu a controllare i tuoi atti, o essi controlleranno te.
- Ho imparato che gli eroi sono persone che hanno fatto ciò che era necessario fare, affrontandone le conseguenze.
- Che la pazienza richiede molta pratica.
- Che ci sono persone che ci amano, ma che semplicemente non sanno come dimostrarlo.
- Che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale quando cadrai, è invece una di quelle poche che ti aiuteranno a rialzarti.
- Che solo perché qualcuno non ti ama come tu vorresti, non significa che non ti ami con tutto te stesso.
- Che non si deve mai dire a un bambino che i sogni sono sciocchezze: sarebbe una tragedia se lo credesse.
- Che non sempre è sufficiente essere perdonato da qualcuno. Nella maggior parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.
- Che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato; il mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari.
- Forse Dio vuole che incontriamo un po’ di gente sbagliata prima di incontrare quella giusta, così quando finalmente la incontriamo, sapremo come essere riconoscenti per quel regalo.
- Quando la porta della felicità si chiude, un’altra si apre, ma tante volte guardiamo così a lungo a quella chiusa, che non vediamo quella che è stata aperta per noi.
- La miglior specie d’amico è quel tipo con cui puoi stare seduto in un portico e camminarci insieme, senza dire una parola, e quando vai via senti che è come se fosse stata la miglior conversazione mai avuta.
- E’ vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo, ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi.
- Ci vuole solo un minuto per offendere qualcuno, un’ora per piacergli, e un giorno per amarlo, ma ci vuole una vita per dimenticarlo.
- Non cercare le apparenze, possono ingannare.
- Non cercare la salute, anche quella può affievolirsi.
- Cerca qualcuno che ti faccia sorridere perché ci vuole solo un sorriso per far sembrare brillante una giornataccia.
- Trova quello che fa sorridere il tuo cuore.
- Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!
- Sogna ciò che ti va; vai dove vuoi; sii ciò che vuoi essere, perché hai solo una vita e una possibilità di fare le cose che vuoi fare.
- Puoi avere abbastanza felicità da renderti dolce, difficoltà a sufficienza da renderti forte, dolore abbastanza da renderti umano, speranza sufficiente a renderti felice.
- Mettiti sempre nei panni degli altri. Se ti senti stretto, probabilmente anche loro si sentono così.
- Le più felici delle persone, non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa; soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.
- Il miglior futuro è basato sul passato dimenticato, non puoi andare bene nella vita prima di lasciare andare i tuoi fallimenti passati e i tuoi dolori.
- Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano.
Vivi la tua vita in modo che quando morirai, tu sia l’unico che sorride e ognuno intorno a te piange".
Paulo Coelho
- Che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà.
E per questo, bisognerà che tu la perdoni.
- Che ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla.
- Che non dobbiamo cambiare amici, se comprendiamo che gli amici cambiano.
- Che le circostanze e l’ambiente hanno influenza su di noi, ma noi siamo responsabili di noi stessi.
- Che, o sarai tu a controllare i tuoi atti, o essi controlleranno te.
- Ho imparato che gli eroi sono persone che hanno fatto ciò che era necessario fare, affrontandone le conseguenze.
- Che la pazienza richiede molta pratica.
- Che ci sono persone che ci amano, ma che semplicemente non sanno come dimostrarlo.
- Che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale quando cadrai, è invece una di quelle poche che ti aiuteranno a rialzarti.
- Che solo perché qualcuno non ti ama come tu vorresti, non significa che non ti ami con tutto te stesso.
- Che non si deve mai dire a un bambino che i sogni sono sciocchezze: sarebbe una tragedia se lo credesse.
- Che non sempre è sufficiente essere perdonato da qualcuno. Nella maggior parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.
- Che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato; il mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari.
- Forse Dio vuole che incontriamo un po’ di gente sbagliata prima di incontrare quella giusta, così quando finalmente la incontriamo, sapremo come essere riconoscenti per quel regalo.
- Quando la porta della felicità si chiude, un’altra si apre, ma tante volte guardiamo così a lungo a quella chiusa, che non vediamo quella che è stata aperta per noi.
- La miglior specie d’amico è quel tipo con cui puoi stare seduto in un portico e camminarci insieme, senza dire una parola, e quando vai via senti che è come se fosse stata la miglior conversazione mai avuta.
- E’ vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo, ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi.
- Ci vuole solo un minuto per offendere qualcuno, un’ora per piacergli, e un giorno per amarlo, ma ci vuole una vita per dimenticarlo.
- Non cercare le apparenze, possono ingannare.
- Non cercare la salute, anche quella può affievolirsi.
- Cerca qualcuno che ti faccia sorridere perché ci vuole solo un sorriso per far sembrare brillante una giornataccia.
- Trova quello che fa sorridere il tuo cuore.
- Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!
- Sogna ciò che ti va; vai dove vuoi; sii ciò che vuoi essere, perché hai solo una vita e una possibilità di fare le cose che vuoi fare.
- Puoi avere abbastanza felicità da renderti dolce, difficoltà a sufficienza da renderti forte, dolore abbastanza da renderti umano, speranza sufficiente a renderti felice.
- Mettiti sempre nei panni degli altri. Se ti senti stretto, probabilmente anche loro si sentono così.
- Le più felici delle persone, non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa; soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.
- Il miglior futuro è basato sul passato dimenticato, non puoi andare bene nella vita prima di lasciare andare i tuoi fallimenti passati e i tuoi dolori.
- Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano.
Vivi la tua vita in modo che quando morirai, tu sia l’unico che sorride e ognuno intorno a te piange".
Paulo Coelho
- LacrimaNera
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14 Anni 10 Mesi fa #4876
da LacrimaNera
Risposta da LacrimaNera al topic Re:Racconti
Mi sono alzata dal letto. Era il primo pomeriggio, stavo facendo il mio solito riposo. E mi sono alzata.
Ho visto il mio corpo che dormiva ancora sul letto, ho osservato il mio respiro lento e regolare, mi sono soffermata a guardare la mia espressione, la mia postura, il mio viso sereno. Ed ho pensato che ero bella.
Poi sono andata vicino alla finestra aperta, ho ascoltato la pioggia scendere, la grondaia gonfia d’acqua, ho annusato l’odore di umidità che c’è d’estate quando piove. E ho lasciato che la luce del giorno mi inondasse, mi attraversasse. Potevo vedere che la luce oltrepassava tutto, ero impalpabile, eterea, invisibile. Io stessa ero luce, come può esserlo una nube di vapore. Un essere senziente che non esiste agli occhi del mondo. La forma di vita più vicina alla perfezione.
By Me
Ho visto il mio corpo che dormiva ancora sul letto, ho osservato il mio respiro lento e regolare, mi sono soffermata a guardare la mia espressione, la mia postura, il mio viso sereno. Ed ho pensato che ero bella.
Poi sono andata vicino alla finestra aperta, ho ascoltato la pioggia scendere, la grondaia gonfia d’acqua, ho annusato l’odore di umidità che c’è d’estate quando piove. E ho lasciato che la luce del giorno mi inondasse, mi attraversasse. Potevo vedere che la luce oltrepassava tutto, ero impalpabile, eterea, invisibile. Io stessa ero luce, come può esserlo una nube di vapore. Un essere senziente che non esiste agli occhi del mondo. La forma di vita più vicina alla perfezione.
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Riduci
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14 Anni 10 Mesi fa #4885
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Racconti
"Un ragazzino e suo padre passeggiavano tra le montagne...
All'improvviso il ragazzino inciampò, cadde e, facendosi male, urlò :"AAAhhhhhhhhhhh!!!"
Con suo gran stupore il bimbo sentì una voce venire dalle montagne che ripeteva :
"AAAhhhhhhhhhhh!!!"
Con curiosità, egli chiese: "Chi sei tu?"
E ricevette la risposta: "Chi sei tu?"
Dopo il ragazzino urlò: "Io ti sento! Chi sei?"
E la voce rispose: "Io ti sento! Chi sei?"
Infuriato da quella risposta egli urlò: "Codardo"
E ricevette la risposta: "Codardo!"
Allora il bimbo guardò suo padre e gli chiese: "Papà, che succede?"
Il padre gli sorrise e rispose:"Figlio mio, ora stai attento:"
E dopo l'uomo gridò: "Tu sei un campione!"
La voce rispose: "Tu sei un campione!"
Il figlio era sorpreso ma non capiva.
Allora il padre gli spiegò: "La gente chiama questo fenomeno ECO ma in realtà è VITA.
La Vita, come un'eco, ti restituisce quello che tu dici o fai.
La vita non è altro che il riflesso delle nostre azioni.
Se tu desideri più amore nel mondo, devi creare più amore nel tuo cuore;
Se vuoi che la gente ti rispetti, devi tu rispettare gli altri per primo.
Questo principio va applicato in ogni cosa, in ogni aspetto della vita; la Vita ti restituisce ciò che tu hai dato ad essa.
La nostra Vita non è un insieme di coincidenze,
è lo specchio di noi stessi.
All'improvviso il ragazzino inciampò, cadde e, facendosi male, urlò :"AAAhhhhhhhhhhh!!!"
Con suo gran stupore il bimbo sentì una voce venire dalle montagne che ripeteva :
"AAAhhhhhhhhhhh!!!"
Con curiosità, egli chiese: "Chi sei tu?"
E ricevette la risposta: "Chi sei tu?"
Dopo il ragazzino urlò: "Io ti sento! Chi sei?"
E la voce rispose: "Io ti sento! Chi sei?"
Infuriato da quella risposta egli urlò: "Codardo"
E ricevette la risposta: "Codardo!"
Allora il bimbo guardò suo padre e gli chiese: "Papà, che succede?"
Il padre gli sorrise e rispose:"Figlio mio, ora stai attento:"
E dopo l'uomo gridò: "Tu sei un campione!"
La voce rispose: "Tu sei un campione!"
Il figlio era sorpreso ma non capiva.
Allora il padre gli spiegò: "La gente chiama questo fenomeno ECO ma in realtà è VITA.
La Vita, come un'eco, ti restituisce quello che tu dici o fai.
La vita non è altro che il riflesso delle nostre azioni.
Se tu desideri più amore nel mondo, devi creare più amore nel tuo cuore;
Se vuoi che la gente ti rispetti, devi tu rispettare gli altri per primo.
Questo principio va applicato in ogni cosa, in ogni aspetto della vita; la Vita ti restituisce ciò che tu hai dato ad essa.
La nostra Vita non è un insieme di coincidenze,
è lo specchio di noi stessi.
- Diana74
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14 Anni 10 Mesi fa #4974
da Diana74
Risposta da Diana74 al topic Re:Racconti
bellissima e molto veritiera
Riduci
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14 Anni 10 Mesi fa #5007
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Racconti
Molto lontano da qui, in un luogo che non è segnato su nessuna carta geografica, esiste un paese, si trova ai piedi di una grande montagna.
Questo paese ha una particolarità, tutte le persone generose e di animo buono posseggono delle ali.
Si, proprio delle ali, per poter volare ed essere ancora più utili al prossimo.
Ogni anno, il sindaco con la sua giunta, eleggono i nuovi cittadini buoni donandogli delle magnifiche ali di soffici piume bianche. Ovviamente i vincitori, essendo persone umili, quasi si imbarazzano nel ricevere questo meritato premio.
Purtroppo in questo particolare paese non esistono solo cittadini bravi, ve ne sono anche di cattivi, uno è particolarmente malvagio, se fa delle buone azioni è solo per ottenere qualcosa in cambio, è anche molto presuntuoso e invidioso, così tanto invidioso che vorrebbe a tutti i costi quelle magnifiche ali.
Così, ogni anno cerca di fare il buono per ottenere il tanto ambito riconoscimento, ma il sindaco non si fa ingannare facilmente e si accorge sempre che tutte le sue azioni sono false e per un secondo fine.
Così, il malvagio cittadino decide di avere quelle ali… costi quel che scosti.
Pensa e ripensa, escogita una perfida idea:
"Se nessuno mi regala le ali, me le costruirò da solo! E non mi accontenterò di ali in sciocche piume bianche, le costruirò in modo da fare invidia a tutti… le farò d’oro!!!"
Così si mise all’opera, ci volle parecchio tempo per costruire le ali ma, alla fine, il lungo lavoro terminò.
"Eccole finalmente!! Sono meravigliose"
Pensò fiero di se l’uomo malvagio
"D’oro splendente, così tutti vedranno la mia ricchezza!! Rimarranno abbagliati dal loro splendore!!"
Tutto questo avvenne proprio il giorno della nuova elezione dei cittadini buoni!
Quale migliore occasione per sfoggiare le sue splendenti ali davanti a tutti!!
Non restava che provare la sua opera, voleva essere visto da tutto il paese e così, con molta fatica, si mise le ali in spalla e si trascinò fino in cima alla montagna, tutti i suoi concittadini lo avrebbero visto volare fiero sopra le loro teste, visto che il paese si trovava proprio ai piedi della montagna.
Salito in cima, prese una lunga rincorsa e, arrivato all’orlo del precipizio, si lanciò nel vuoto…
In quel momento un grande bagliore provocato dal riflesso del sole sulle ali d’oro attirò l’attenzione di tutti i cittadini riuniti nella piazza per la grande manifestazione, i quali alzarono lo sguardo e videro inizialmente una grande luce, ma subito dopo un grande polverone, una valanga che si fermò solo dopo essere arrivata a valle.
Tutti i cittadini accorsero verso la "valanga" e videro, senza troppo stupore, che si trattava del loro concittadino malvagio, molti di loro cominciarono a deriderlo e lui?
Si vergognò profondamente!
Il peso del suo orgoglio, della sua malvagità dell’arroganza, era tanto quanto l’oro pesantissimo delle sue ali che lo avevano fatto cadere rovinosamente così in basso!
Non si sa che fine abbia fatto lo spregevole individuo, non sappiamo se abbia cambiato le sue abitudini, ma di certo è stato un avvertimento per tutti coloro che hanno bramato più volte ali non meritate.
Questo paese ha una particolarità, tutte le persone generose e di animo buono posseggono delle ali.
Si, proprio delle ali, per poter volare ed essere ancora più utili al prossimo.
Ogni anno, il sindaco con la sua giunta, eleggono i nuovi cittadini buoni donandogli delle magnifiche ali di soffici piume bianche. Ovviamente i vincitori, essendo persone umili, quasi si imbarazzano nel ricevere questo meritato premio.
Purtroppo in questo particolare paese non esistono solo cittadini bravi, ve ne sono anche di cattivi, uno è particolarmente malvagio, se fa delle buone azioni è solo per ottenere qualcosa in cambio, è anche molto presuntuoso e invidioso, così tanto invidioso che vorrebbe a tutti i costi quelle magnifiche ali.
Così, ogni anno cerca di fare il buono per ottenere il tanto ambito riconoscimento, ma il sindaco non si fa ingannare facilmente e si accorge sempre che tutte le sue azioni sono false e per un secondo fine.
Così, il malvagio cittadino decide di avere quelle ali… costi quel che scosti.
Pensa e ripensa, escogita una perfida idea:
"Se nessuno mi regala le ali, me le costruirò da solo! E non mi accontenterò di ali in sciocche piume bianche, le costruirò in modo da fare invidia a tutti… le farò d’oro!!!"
Così si mise all’opera, ci volle parecchio tempo per costruire le ali ma, alla fine, il lungo lavoro terminò.
"Eccole finalmente!! Sono meravigliose"
Pensò fiero di se l’uomo malvagio
"D’oro splendente, così tutti vedranno la mia ricchezza!! Rimarranno abbagliati dal loro splendore!!"
Tutto questo avvenne proprio il giorno della nuova elezione dei cittadini buoni!
Quale migliore occasione per sfoggiare le sue splendenti ali davanti a tutti!!
Non restava che provare la sua opera, voleva essere visto da tutto il paese e così, con molta fatica, si mise le ali in spalla e si trascinò fino in cima alla montagna, tutti i suoi concittadini lo avrebbero visto volare fiero sopra le loro teste, visto che il paese si trovava proprio ai piedi della montagna.
Salito in cima, prese una lunga rincorsa e, arrivato all’orlo del precipizio, si lanciò nel vuoto…
In quel momento un grande bagliore provocato dal riflesso del sole sulle ali d’oro attirò l’attenzione di tutti i cittadini riuniti nella piazza per la grande manifestazione, i quali alzarono lo sguardo e videro inizialmente una grande luce, ma subito dopo un grande polverone, una valanga che si fermò solo dopo essere arrivata a valle.
Tutti i cittadini accorsero verso la "valanga" e videro, senza troppo stupore, che si trattava del loro concittadino malvagio, molti di loro cominciarono a deriderlo e lui?
Si vergognò profondamente!
Il peso del suo orgoglio, della sua malvagità dell’arroganza, era tanto quanto l’oro pesantissimo delle sue ali che lo avevano fatto cadere rovinosamente così in basso!
Non si sa che fine abbia fatto lo spregevole individuo, non sappiamo se abbia cambiato le sue abitudini, ma di certo è stato un avvertimento per tutti coloro che hanno bramato più volte ali non meritate.
14 Anni 10 Mesi fa #5012
da perla84
Risposta da perla84 al topic Re:Racconti
Laila
Laila era nata più di mezzo secolo fa, in un paesino della bella Sicilia, in un corpo di maschio che non gli era mai appartenuto.
Non ci aveva messo molto a capire che avrebbe voluto essere come le sue quattro sorelle più grandi e senza neanche tanti problemi aveva manifestato il suo stato d’animo in famiglia.
La famiglia è quel nucleo dove si può parlare apertamente, si può manifestare i disagi, le gioie da condividere, dove la soluzione al problema si cerca di risolverla, ci si arrabbia, si prendono le sfuriate, ma si ragiona e si cercano soluzioni in maniera unita; se non si raggiungono, cosa probabile, in genere si ribadisce il proprio pensiero ma si accetta rispettando la decisione altrui.
Sicuramente attraverso più di mezzo secolo i passi avanti verso la cultura, l’istruzione, la crescita sociale e il benessere, immaginario o reale, a secondo dei punti di vista, sono stati notevoli rispetto a quando Laila se ne andò da casa a sedici anni dopo tante botte, tribolazioni e senza che nessuno dei suoi familiari più stretti la fermasse, o che provasse a consegnarle un futuro migliore.
Giunse a Milano da una zia materna, con vedute più generose che si prese cura di Lei tanto da metterla in contatto con la USL e dietro regolari controlli, Laila, maggiorenne, realizzò il suo sogno: con un intervento ben riuscito fu Laila per tutti. Un corpo ben modellato, una camminata tipicamente femminile; unica stonatura forse, le mani: piccole ma tipicamente maschili.
Poi, in seguito, dopo la morte della zia, Laila dovette venir via da Milano; non aveva un lavoro suo, era molto giovane e non ne conosco né la storia, né il motivo, ma venne a Firenze, le fu assegnata una casa popolare, ebbe la compagnia di un cagnolino grazioso: Frullino e iniziò a frequentare l’area per cani proprio di fronte alla sua casa, ed è lì che l’ho conosciuta, portando fuori il mio Benny per la passeggiata pomeridiana
Lei faceva i turni presso un’impresa di pulizie, il lavoro, anche se precario, le dava dignità e la faceva sentire bene.
Poi, l’impresa chiuse e Lara si trovò senza lavoro, come tante altre persone nel nostro Paese, colpite purtroppo dalla crisi economica.
Certo, durante gli anni della sua vita, avrebbe potuto evolversi non solo nel fisico, ma anche intellettualmente, magari facendo dei corsi serali organizzati dai comuni, prendere un diploma, imparare un mestiere che le permettesse di trovare un lavoro più ricercato, ma era vissuta sempre facendo lavori nel campo delle pulizie senza mai avere un contratto sicuro e a lungo termine. Adesso sono tempi difficili per tutti, ma mettendo a disposizione la sua testa, la sua intelligenza nei giovani anni della sua vita, forse qualcosa di migliore e positivo per la sua esistenza poteva realizzarlo anche se sapeva di contare solamente su se stessa e al massimo su qualche persona all’interno delle strutture sociali.
Recentemente era proprio dietro la struttura delle USL che riusciva a guadagnare qualche soldino quando la chiamavano per un qualsiasi lavoretto tipo le pulizie all’interno delle scuole, ma solo saltuariamente. Da qui depressione, malinconia e tristezza.
L’ho incontrata sull’autobus di recente e mi ha appunto aggiornata sulle sue vicissitudini: quest’inverno, non ancora terminato, è stato veramente freddo visto che i termosifoni della sua casa non sono stati mai accesi per risparmiare. Un letto con parecchie coperte e un abbigliamento da sub per affrontare un frigorifero di casa e persino Frullino, sul suo tappeto, dormiva volentieri con una coperta addosso, nonostante la sua pelliccia naturale. Fortunatamente le venivano incontro per il pagamento dell’affitto di casa, comprendendo la situazione e sapendo aspettare. Di recente si era guastata pure la televisione e grazie alla generosità di un’amica, aveva ricevuto in regalo un suo apparecchio televisivo piccolo ma ben funzionante. Per non parlare del motorino, regolarmente pagato nei tempi” d’oro”, che se ne stava coperto e immobile nel cortile comune della sua abitazione perché privo di assicurazione.
Mi raccontava queste tristezze con dignità e con un sorriso dolce, quasi a voler scacciare le malinconie che la deprimevano, e quando è scesa, prima di me dall’autobus, sono rimasta seduta e pensante a guardare la strada che conosco a memoria, visto che mi porta al mio ufficio, ho immaginato il freddo di quella casa dove Laila e Frullino si facevano compagnia con la loro intesa affettiva, ed ho pensato a me, al mio lavoro, alla mia pensione visto che col 2010 farò quarant’anni lavorativi. Ho riflettuto a quanto sia importante e indispensabile un’occupazione retribuita, alle mie lotte negli anni indietro per il mio diritto al lavoro, facendo coincidere il tutto con la famiglia, alla stanchezza di certe sere, alle tonsilliti di mio figlio, ai miei disagi di salute e ad oggi che sono al capolinea lavorativo, a questa fase della mia vita che sta concludendo degnamente, sono amareggiata per Laila che ha risolto il suo problema più gravoso, quello della sua personalità, ma ha tralasciato forse per non aver avuto la possibilità, la volontà, o per assenza di incoraggiamento, di incalzamento da qualcuno a Lei affettuosamente vicino, di effettuare quel percorso lavorativo migliorativo con il quale poi, si accede allo strumento principale che manovra la vita, a quel timone che porta a navigare la nave anche attraverso le bufere, a quello che abbiamo sempre difeso e preteso, che forse non a tutti dà il benessere ma col quale si raggiunge l’autonomia per onorare i nostri impegni, ed avere una vita decorosa per noi stessi e la famiglia: il lavoro.
Laila era nata più di mezzo secolo fa, in un paesino della bella Sicilia, in un corpo di maschio che non gli era mai appartenuto.
Non ci aveva messo molto a capire che avrebbe voluto essere come le sue quattro sorelle più grandi e senza neanche tanti problemi aveva manifestato il suo stato d’animo in famiglia.
La famiglia è quel nucleo dove si può parlare apertamente, si può manifestare i disagi, le gioie da condividere, dove la soluzione al problema si cerca di risolverla, ci si arrabbia, si prendono le sfuriate, ma si ragiona e si cercano soluzioni in maniera unita; se non si raggiungono, cosa probabile, in genere si ribadisce il proprio pensiero ma si accetta rispettando la decisione altrui.
Sicuramente attraverso più di mezzo secolo i passi avanti verso la cultura, l’istruzione, la crescita sociale e il benessere, immaginario o reale, a secondo dei punti di vista, sono stati notevoli rispetto a quando Laila se ne andò da casa a sedici anni dopo tante botte, tribolazioni e senza che nessuno dei suoi familiari più stretti la fermasse, o che provasse a consegnarle un futuro migliore.
Giunse a Milano da una zia materna, con vedute più generose che si prese cura di Lei tanto da metterla in contatto con la USL e dietro regolari controlli, Laila, maggiorenne, realizzò il suo sogno: con un intervento ben riuscito fu Laila per tutti. Un corpo ben modellato, una camminata tipicamente femminile; unica stonatura forse, le mani: piccole ma tipicamente maschili.
Poi, in seguito, dopo la morte della zia, Laila dovette venir via da Milano; non aveva un lavoro suo, era molto giovane e non ne conosco né la storia, né il motivo, ma venne a Firenze, le fu assegnata una casa popolare, ebbe la compagnia di un cagnolino grazioso: Frullino e iniziò a frequentare l’area per cani proprio di fronte alla sua casa, ed è lì che l’ho conosciuta, portando fuori il mio Benny per la passeggiata pomeridiana
Lei faceva i turni presso un’impresa di pulizie, il lavoro, anche se precario, le dava dignità e la faceva sentire bene.
Poi, l’impresa chiuse e Lara si trovò senza lavoro, come tante altre persone nel nostro Paese, colpite purtroppo dalla crisi economica.
Certo, durante gli anni della sua vita, avrebbe potuto evolversi non solo nel fisico, ma anche intellettualmente, magari facendo dei corsi serali organizzati dai comuni, prendere un diploma, imparare un mestiere che le permettesse di trovare un lavoro più ricercato, ma era vissuta sempre facendo lavori nel campo delle pulizie senza mai avere un contratto sicuro e a lungo termine. Adesso sono tempi difficili per tutti, ma mettendo a disposizione la sua testa, la sua intelligenza nei giovani anni della sua vita, forse qualcosa di migliore e positivo per la sua esistenza poteva realizzarlo anche se sapeva di contare solamente su se stessa e al massimo su qualche persona all’interno delle strutture sociali.
Recentemente era proprio dietro la struttura delle USL che riusciva a guadagnare qualche soldino quando la chiamavano per un qualsiasi lavoretto tipo le pulizie all’interno delle scuole, ma solo saltuariamente. Da qui depressione, malinconia e tristezza.
L’ho incontrata sull’autobus di recente e mi ha appunto aggiornata sulle sue vicissitudini: quest’inverno, non ancora terminato, è stato veramente freddo visto che i termosifoni della sua casa non sono stati mai accesi per risparmiare. Un letto con parecchie coperte e un abbigliamento da sub per affrontare un frigorifero di casa e persino Frullino, sul suo tappeto, dormiva volentieri con una coperta addosso, nonostante la sua pelliccia naturale. Fortunatamente le venivano incontro per il pagamento dell’affitto di casa, comprendendo la situazione e sapendo aspettare. Di recente si era guastata pure la televisione e grazie alla generosità di un’amica, aveva ricevuto in regalo un suo apparecchio televisivo piccolo ma ben funzionante. Per non parlare del motorino, regolarmente pagato nei tempi” d’oro”, che se ne stava coperto e immobile nel cortile comune della sua abitazione perché privo di assicurazione.
Mi raccontava queste tristezze con dignità e con un sorriso dolce, quasi a voler scacciare le malinconie che la deprimevano, e quando è scesa, prima di me dall’autobus, sono rimasta seduta e pensante a guardare la strada che conosco a memoria, visto che mi porta al mio ufficio, ho immaginato il freddo di quella casa dove Laila e Frullino si facevano compagnia con la loro intesa affettiva, ed ho pensato a me, al mio lavoro, alla mia pensione visto che col 2010 farò quarant’anni lavorativi. Ho riflettuto a quanto sia importante e indispensabile un’occupazione retribuita, alle mie lotte negli anni indietro per il mio diritto al lavoro, facendo coincidere il tutto con la famiglia, alla stanchezza di certe sere, alle tonsilliti di mio figlio, ai miei disagi di salute e ad oggi che sono al capolinea lavorativo, a questa fase della mia vita che sta concludendo degnamente, sono amareggiata per Laila che ha risolto il suo problema più gravoso, quello della sua personalità, ma ha tralasciato forse per non aver avuto la possibilità, la volontà, o per assenza di incoraggiamento, di incalzamento da qualcuno a Lei affettuosamente vicino, di effettuare quel percorso lavorativo migliorativo con il quale poi, si accede allo strumento principale che manovra la vita, a quel timone che porta a navigare la nave anche attraverso le bufere, a quello che abbiamo sempre difeso e preteso, che forse non a tutti dà il benessere ma col quale si raggiunge l’autonomia per onorare i nostri impegni, ed avere una vita decorosa per noi stessi e la famiglia: il lavoro.
14 Anni 10 Mesi fa #5013
da perla84
Risposta da perla84 al topic Re:Racconti
Angeli che non piangono mai
Che fare il medico è un lavoro bello ed interessante, Anna lo sa da quando anni prima aveva deciso di fare medicina, non solo perché le piaceva ma per accontentare suo padre, noto oncologo di Padova. Ma ora dopo anni stava incominciando a dubitare che quella fosse veramente la sua vocazione. Ogni giorno in ospedale si imbatteva in malati terminali, angeli destinati al cielo la cui sofferenza atroce tocca il cuore fino al profondo di ogni viscere che o ti fai una corazza, o soccombi. Eppure ogni giorno era sempre peggio. Chi si può abituare alla sofferenza o alla morte? Come si può non lasciarsi coinvolgere dalle storie dei pazienti, nelle loro speranze nei loro sogni? Anna se lo chiedeva e dopo anni ancora non riusciva a farsene una ragione. Il giro visite per ogni medico è il momento in cui c’è maggiore condivisione con i pazienti, in cui un paziente può parlare dei suoi problemi. Spesso avviene in maniera frettolosa e spicciola, ma Anna no, lei parlava, cercava sempre di ascoltare e di dare una buona parola a tutti e soprattutto il sorriso, dono importante per chi soffre. Era una giornata particolare quel venerdì, quando Annalisa ragazza di diciotto anni decise di salire al cielo. Era uno di quei giorni in cui l’odore della morte si mescola all’odore acre dei disinfettanti, in cui urlano tutte le ingiustizie del mondo, questo pensava Anna mentre entrava in quella stanza, che aveva visto la morte di due ragazzi Annalisa e Luca. Luca se n’era andato in un freddo giorno di inverno e lei all’inizio dell’estate e proprio mentre pensava queste cose che si accorse di un libro dalla copertina scura, lo apri e lesse: “Angeli che non piangono mai”. Decise di prenderlo e metterlo in borsa e leggerlo più tardi.Finirono le visite, gli appuntamenti, le consolazioni, finì di distribuire appigli di speranze, e finì il giorno e un lunghissimo turno. Anna stanchissima terminò la sua giornata appoggiata sul suo divano al centro del soggiorno del suo solitario appartamento. La penombra della stanza invitava a letture rilassanti, a volersi perdere in un libro. Prese quello dalla sua borsa e lo girava tra le mani. Poi decise; lo aprì.
Dal centro del volume scivolarono fogli come farfalle liberate nell’aria. Erano pagine scritte che necessitavano di essere lette, erano storie che volevano essere ascoltate. Anna le raccolse da terra e iniziò a dare vita a parole nascoste a tutti. Erano lettere abbozzate da Annalisa.
Anna ricordava ancora le parole di conforto dette ai genitori, e poi ricordava il sorriso di quella ragazza, ricordava che lei non era una paziente come tutte, era una giovane donna che aveva bisogno di amici, di qualcuno che le stesse accanto ma non per pietà. Di Annalisa ricordava le risate nell’infermeria, le scuse originali per poter uscire nel parco e stare con Luca. Anna ricordava anche l’ultimo suo alito e la sua promessa. Quelle parole dette a singhiozzo prima di perdere coscienza ora erano un’eco nel salotto dell’oncologa.
“Dottoressa non tema, io non ho perso e non ho intenzione di piangere nemmeno adesso. Gli angeli non piangono mai”.
Socchiuse gli occhi e il grido della madre ghiacciò l’istante più nero di ogni medico. Quelle lettere erano l’urlo di un dolore che molti tengono sotterrato nel proprio cuore, era la voglia di sentirsi normale anche quando di normale ormai non resta più nulla. Annalisa aveva un angelo e con lui parlava, gli diceva così:
Carissimo Angelo mio
non so quanto possa servire scrivere su questo foglio il mio dolore, raccontargli la mia lenta agonia e le mie più intime paure. Le raccontai già a te nei freddi corridoi di questo ospedale. Ti confidai ogni cosa e lo stesso facesti tu. Adesso chissà dietro quale stella sei nascosto a guardarmi.
Forse avevi ragione tu. A che serve parlare?
Poco c’era da dire, da raccontarsi. Avevamo due storie identiche che si ritrovavano in un silenzioso sguardo. Avevamo troppe cose in comune e la più assurda fra queste era la maledetta vita che ad un certo punto ha voluto giocare sporco. Ci ha ingannati entrambi, ci ha cambiati, ci ha illusi e delusi. Pezzi di ingranaggi che adesso non servono più. Avrei voluto più tempo per imparare, per vedermi crescere, per guardare il mondo. Avrei voluto ancora sorridere con te. Vorrei più forza per poter combattere anche se so bene che è una battaglia già persa. Sto qui, aspettando che il mondo mi abbandoni pian piano, mi lasci andare scivolando nel buio per poter volare ovunque e magari rincontrarti. Le carezze della gente non hanno lo stesso calore delle tue, i sorrisi non trasmettono più coraggio. Questa vita e queste stanze non sono più le stesse. Avverto la tua mancanza e la tua angelica presenza. Mi consolo oggi con questo. Ogni mio pensiero è per te e ti appartiene.
Non so se agli angeli arriva il bene, io te ne voglio molto.
Annalisa
Si faceva sempre più notte e tra le mani di Anna passavano gli ultimi mesi di vita di una ammalata terminale. Trascorrevano le sensazioni, le emozioni, le passioni di chi inerme aspetta la fine di tutto. In quei momenti serve a poco esser dottori, non aiuta sapere quanto tempo rimane da vivere. Non credeva possibile guardare una donna nel fiore dei suoi anni e dirle che avrebbe smesso presto di respirare l’aria del mattino, di vedere l’azzurro del mare, di amare e ricevere amore. Anna l’ha imparato indurendo il suo cuore, trasformandolo in roccia. Lei sapeva che spesso contro il destino non bastavano dolorose sedute di chemioterapia. Quella notte sentiva il bisogno per una volta di mettersi nei panni di chi il dolore lo vive e continuò a leggere le lettere.
Caro Luca
ti scrivo perché so che mi ascolti. So che continui a farlo anche quando dal terrazzo ti parlo. Quello era il nostro posto segreto. Ci nascondevamo dagli infermieri e salivamo sopra le nostre stanze per vedere la notte e sentirci più vicini alla luna. Cercavamo il suo calore, la sua protezione e restavamo abbracciati implorando dentro di noi che il tempo si fermasse. Da lì vedevamo tutta la città Ricordo di averti detto:
“Guarda! Noi quassù e più in là Padova e la vita. Sembra si siano dimenticati di noi”.
Tu mi guardasti negli occhi e accarezzandomi il viso mi dicesti:
“Quand’anche la vita si scorda di te, tu non scordarti mai di vivere”.
Angelo mio oggi io non so se riesco a vivere, non so se riesco a mantenere le promesse che ci facevamo ogni giorno. Non so neppure se ricordarti adesso mi fa più bene che male. Perdonami se non riesco a sorridere più, se tutti i ricordi che ho si sono spenti. Ho paura di cedere prima ancora che questo male mi divori. Neanche il veleno che inietto nelle mie vene riesce a sconfiggerlo ed io non ho che sperare che il buio profondo arrivi d’un tratto.
Sai, Luca, spesso apro quel tuo libro, ne accarezzo le pagine con cura come se fosse in grado di farti arrivare il mio affetto. Parla di un amore triste che lotta ogni giorno come noi contro la crudeltà della vita e del destino.
Ti ricordi la nostra promessa? Giurammo di non piangere più e che ci saremmo presi cura l’uno dell’altro per sempre come due fratelli o meglio come due angeli. Poi ci fissammo negli occhi e io tolsi il tuo berretto mentre tu toglievi il mio. I nostri capelli erano già caduti da molto ma al mondo nascondevamo la nostra realtà. Da allora noi eravamo uguali, eravamo nudi della nostra corazza. Adesso davanti allo specchio non vedevamo più la gioventù che scappa via da noi. Adesso quell’immagine calva era la nostra forza.
Tu continuerai ad essere la mia
Con tutto il mio affetto
Annalisa
La notte trascorse presto e presto arrivò l’alba. Iniziava fra poco un altro turno, un altro giorno nel reparto oncologico dove ogni giorno è un giorno di preghiera, di sperati miracoli, di grazie acclamate, di pianti e dolori. “Anche gli angeli non piangono mai”; questa frase ritornava alla mente di Anna, mentre riponeva quelle lettere. Forse non si sarebbe mai abituata al dolore, a convivere con la morte. Ma il solo sapere che suoi pazienti la vedono come un faro nell’oceano della sofferenza, sapere che un suo sorriso valesse più di una dose di morfina, le rinfrancava il cuore facendole comprendere che accompagnare alla morte è un dono prezioso e che dalla sofferenza si può uscirne arricchiti. Così, rinfrancata nel cuore e nell’anima, decise di continuare il suo lavoro con competenza e dedizione, conscia che quello fosse l’unico tributo per ricordare quegli angeli saliti al cielo.
Che fare il medico è un lavoro bello ed interessante, Anna lo sa da quando anni prima aveva deciso di fare medicina, non solo perché le piaceva ma per accontentare suo padre, noto oncologo di Padova. Ma ora dopo anni stava incominciando a dubitare che quella fosse veramente la sua vocazione. Ogni giorno in ospedale si imbatteva in malati terminali, angeli destinati al cielo la cui sofferenza atroce tocca il cuore fino al profondo di ogni viscere che o ti fai una corazza, o soccombi. Eppure ogni giorno era sempre peggio. Chi si può abituare alla sofferenza o alla morte? Come si può non lasciarsi coinvolgere dalle storie dei pazienti, nelle loro speranze nei loro sogni? Anna se lo chiedeva e dopo anni ancora non riusciva a farsene una ragione. Il giro visite per ogni medico è il momento in cui c’è maggiore condivisione con i pazienti, in cui un paziente può parlare dei suoi problemi. Spesso avviene in maniera frettolosa e spicciola, ma Anna no, lei parlava, cercava sempre di ascoltare e di dare una buona parola a tutti e soprattutto il sorriso, dono importante per chi soffre. Era una giornata particolare quel venerdì, quando Annalisa ragazza di diciotto anni decise di salire al cielo. Era uno di quei giorni in cui l’odore della morte si mescola all’odore acre dei disinfettanti, in cui urlano tutte le ingiustizie del mondo, questo pensava Anna mentre entrava in quella stanza, che aveva visto la morte di due ragazzi Annalisa e Luca. Luca se n’era andato in un freddo giorno di inverno e lei all’inizio dell’estate e proprio mentre pensava queste cose che si accorse di un libro dalla copertina scura, lo apri e lesse: “Angeli che non piangono mai”. Decise di prenderlo e metterlo in borsa e leggerlo più tardi.Finirono le visite, gli appuntamenti, le consolazioni, finì di distribuire appigli di speranze, e finì il giorno e un lunghissimo turno. Anna stanchissima terminò la sua giornata appoggiata sul suo divano al centro del soggiorno del suo solitario appartamento. La penombra della stanza invitava a letture rilassanti, a volersi perdere in un libro. Prese quello dalla sua borsa e lo girava tra le mani. Poi decise; lo aprì.
Dal centro del volume scivolarono fogli come farfalle liberate nell’aria. Erano pagine scritte che necessitavano di essere lette, erano storie che volevano essere ascoltate. Anna le raccolse da terra e iniziò a dare vita a parole nascoste a tutti. Erano lettere abbozzate da Annalisa.
Anna ricordava ancora le parole di conforto dette ai genitori, e poi ricordava il sorriso di quella ragazza, ricordava che lei non era una paziente come tutte, era una giovane donna che aveva bisogno di amici, di qualcuno che le stesse accanto ma non per pietà. Di Annalisa ricordava le risate nell’infermeria, le scuse originali per poter uscire nel parco e stare con Luca. Anna ricordava anche l’ultimo suo alito e la sua promessa. Quelle parole dette a singhiozzo prima di perdere coscienza ora erano un’eco nel salotto dell’oncologa.
“Dottoressa non tema, io non ho perso e non ho intenzione di piangere nemmeno adesso. Gli angeli non piangono mai”.
Socchiuse gli occhi e il grido della madre ghiacciò l’istante più nero di ogni medico. Quelle lettere erano l’urlo di un dolore che molti tengono sotterrato nel proprio cuore, era la voglia di sentirsi normale anche quando di normale ormai non resta più nulla. Annalisa aveva un angelo e con lui parlava, gli diceva così:
Carissimo Angelo mio
non so quanto possa servire scrivere su questo foglio il mio dolore, raccontargli la mia lenta agonia e le mie più intime paure. Le raccontai già a te nei freddi corridoi di questo ospedale. Ti confidai ogni cosa e lo stesso facesti tu. Adesso chissà dietro quale stella sei nascosto a guardarmi.
Forse avevi ragione tu. A che serve parlare?
Poco c’era da dire, da raccontarsi. Avevamo due storie identiche che si ritrovavano in un silenzioso sguardo. Avevamo troppe cose in comune e la più assurda fra queste era la maledetta vita che ad un certo punto ha voluto giocare sporco. Ci ha ingannati entrambi, ci ha cambiati, ci ha illusi e delusi. Pezzi di ingranaggi che adesso non servono più. Avrei voluto più tempo per imparare, per vedermi crescere, per guardare il mondo. Avrei voluto ancora sorridere con te. Vorrei più forza per poter combattere anche se so bene che è una battaglia già persa. Sto qui, aspettando che il mondo mi abbandoni pian piano, mi lasci andare scivolando nel buio per poter volare ovunque e magari rincontrarti. Le carezze della gente non hanno lo stesso calore delle tue, i sorrisi non trasmettono più coraggio. Questa vita e queste stanze non sono più le stesse. Avverto la tua mancanza e la tua angelica presenza. Mi consolo oggi con questo. Ogni mio pensiero è per te e ti appartiene.
Non so se agli angeli arriva il bene, io te ne voglio molto.
Annalisa
Si faceva sempre più notte e tra le mani di Anna passavano gli ultimi mesi di vita di una ammalata terminale. Trascorrevano le sensazioni, le emozioni, le passioni di chi inerme aspetta la fine di tutto. In quei momenti serve a poco esser dottori, non aiuta sapere quanto tempo rimane da vivere. Non credeva possibile guardare una donna nel fiore dei suoi anni e dirle che avrebbe smesso presto di respirare l’aria del mattino, di vedere l’azzurro del mare, di amare e ricevere amore. Anna l’ha imparato indurendo il suo cuore, trasformandolo in roccia. Lei sapeva che spesso contro il destino non bastavano dolorose sedute di chemioterapia. Quella notte sentiva il bisogno per una volta di mettersi nei panni di chi il dolore lo vive e continuò a leggere le lettere.
Caro Luca
ti scrivo perché so che mi ascolti. So che continui a farlo anche quando dal terrazzo ti parlo. Quello era il nostro posto segreto. Ci nascondevamo dagli infermieri e salivamo sopra le nostre stanze per vedere la notte e sentirci più vicini alla luna. Cercavamo il suo calore, la sua protezione e restavamo abbracciati implorando dentro di noi che il tempo si fermasse. Da lì vedevamo tutta la città Ricordo di averti detto:
“Guarda! Noi quassù e più in là Padova e la vita. Sembra si siano dimenticati di noi”.
Tu mi guardasti negli occhi e accarezzandomi il viso mi dicesti:
“Quand’anche la vita si scorda di te, tu non scordarti mai di vivere”.
Angelo mio oggi io non so se riesco a vivere, non so se riesco a mantenere le promesse che ci facevamo ogni giorno. Non so neppure se ricordarti adesso mi fa più bene che male. Perdonami se non riesco a sorridere più, se tutti i ricordi che ho si sono spenti. Ho paura di cedere prima ancora che questo male mi divori. Neanche il veleno che inietto nelle mie vene riesce a sconfiggerlo ed io non ho che sperare che il buio profondo arrivi d’un tratto.
Sai, Luca, spesso apro quel tuo libro, ne accarezzo le pagine con cura come se fosse in grado di farti arrivare il mio affetto. Parla di un amore triste che lotta ogni giorno come noi contro la crudeltà della vita e del destino.
Ti ricordi la nostra promessa? Giurammo di non piangere più e che ci saremmo presi cura l’uno dell’altro per sempre come due fratelli o meglio come due angeli. Poi ci fissammo negli occhi e io tolsi il tuo berretto mentre tu toglievi il mio. I nostri capelli erano già caduti da molto ma al mondo nascondevamo la nostra realtà. Da allora noi eravamo uguali, eravamo nudi della nostra corazza. Adesso davanti allo specchio non vedevamo più la gioventù che scappa via da noi. Adesso quell’immagine calva era la nostra forza.
Tu continuerai ad essere la mia
Con tutto il mio affetto
Annalisa
La notte trascorse presto e presto arrivò l’alba. Iniziava fra poco un altro turno, un altro giorno nel reparto oncologico dove ogni giorno è un giorno di preghiera, di sperati miracoli, di grazie acclamate, di pianti e dolori. “Anche gli angeli non piangono mai”; questa frase ritornava alla mente di Anna, mentre riponeva quelle lettere. Forse non si sarebbe mai abituata al dolore, a convivere con la morte. Ma il solo sapere che suoi pazienti la vedono come un faro nell’oceano della sofferenza, sapere che un suo sorriso valesse più di una dose di morfina, le rinfrancava il cuore facendole comprendere che accompagnare alla morte è un dono prezioso e che dalla sofferenza si può uscirne arricchiti. Così, rinfrancata nel cuore e nell’anima, decise di continuare il suo lavoro con competenza e dedizione, conscia che quello fosse l’unico tributo per ricordare quegli angeli saliti al cielo.
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da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Racconti
LA FATINA PRINCIPIANTE
Rosmarina era una maga cadetta, da poco salita al rango di fata apprendista.
Per sperimentare le proprie capacità, dopo le lezioni alla università della magia, si recava alla ricerca di opere di bene da fare.
Quel pomeriggio, Rosmarina, decise di andare al mare. Per vedere se poteva lavorare con gli spiaggianti.
Prima di tutto vide come era strano il modo in cui essi si erano disposti. Gli innamorati con gli asciugamani vicini. I parenti, sempre vicini, ma a una distanza maggiore, di 10-15 centimetri. Mentre gli amici, si erano messi ancora più lontani tra loro. Tra ogni gruppo,poi, c’era una strana divisione del territorio, e le distanze eran ben precise, ma non chiaramente delimitate. I disagi non mancavano.
C’era un bambino al quale tutti i passanti distruggevano la pista delle palline dei ciclisti. Una signora temeva la polvere di chi passava. E altri si vedevano bene dal farsi schizzare acqua da chi usciva dopo il bagno.
-Per prima cosa, farò nascere dei muri, così i confini saranno precisi, e la gente starà meglio!-
Ma tutti furono assai scocciati da queste mura, perché facevano loro ombra, e non si potevano abbronzare, così Rosmarina decise di ritirare i muri.
Si mise a osservare i bagnanti. Ne vide uno completamente calvo, e provò a leggergli nel pensiero.
-Sta sognando di avere una folta capigliatura! Io lo accontenterò!- e per magia cominciò a spuntargli una fluente capigliatura. Poi, questo signore pelato, cominciò a litigare con la moglie.
-Hai un diavolo per capello!- disse la moglie.
E Rosmarina lo riportò subito, nuovamente, ad essere senza un capello. Infatti, tornò ad essere tranquillo come prima.
Intanto un bambino si era tuffato in acqua.
-Voglio i cavalloni!- gridava alle onde.
Rosmarina l’accontentò immediatamente, facendo apparire quattro bei grossi cavalli, due sauri e due bai, ma lui scappò chiamando aiuto. Allora Rosmarina provò con due cavalli più piccoli, e poi con un pony: ma non ottenne risultati.
A questo punto si mise a osservare gli ombrelloni.
-Se quando piove si porta l’ombrello- pensò Rosmarina- e questi hanno portato degli ombrelli grandi, significa che si aspettano una grande pioggia!-
Così fece venire un uragano e una forte pioggia, ma tutti se ne andarono dalla spiaggia. Allora la fatina fece ritornare il sole, e con esso tornarono i bagnanti.
Vide il bagnino, e lesse nel suo pensiero come aspirasse a salvare qualcuno.
-Ho capito perché nessuno si fa salvare da lui. Nella maglietta, nel canotto, e sulla cabina, ha scritto Salva...taggio. Chissà chi sarà mai questo Taggio?- e sulla cabina, sul canotto, e sulla maglietta, la maghina scrisse:"Non salvo solo Taggio, ma salvo tutti!" Le cose però non cambiarono, allora riportò, sempre sulla maglietta, sulla cabina, e sul canotto, la solita scritta.
Intanto, su una sdraio, una ragazzina paffutella si lamentava con la mamma:
-Voglio diventare bella e attraente come una velina. Tutti mi vogliono bene, ma io voglio essere bella!-
La fatina allora la rese magra, alta, e affascinante. La ragazzina andò al bar del lido a comprare dei ghiaccioli, ma quando fece ritorno si lamentava ancora:
-Tutti mi guardano! Piaccio al prossimo per come appaio, era meglio prima quando piacevo per quello che ero, e non per come apparivo!- Così Rosmarina la fece ritornare paffutella come prima, dicendo:
-All’università di magia sto imparando molte cose, ma prima gli uomini dovrebbero chiarire che cosa vogliono e capire sé stessi!-
Rosmarina era una maga cadetta, da poco salita al rango di fata apprendista.
Per sperimentare le proprie capacità, dopo le lezioni alla università della magia, si recava alla ricerca di opere di bene da fare.
Quel pomeriggio, Rosmarina, decise di andare al mare. Per vedere se poteva lavorare con gli spiaggianti.
Prima di tutto vide come era strano il modo in cui essi si erano disposti. Gli innamorati con gli asciugamani vicini. I parenti, sempre vicini, ma a una distanza maggiore, di 10-15 centimetri. Mentre gli amici, si erano messi ancora più lontani tra loro. Tra ogni gruppo,poi, c’era una strana divisione del territorio, e le distanze eran ben precise, ma non chiaramente delimitate. I disagi non mancavano.
C’era un bambino al quale tutti i passanti distruggevano la pista delle palline dei ciclisti. Una signora temeva la polvere di chi passava. E altri si vedevano bene dal farsi schizzare acqua da chi usciva dopo il bagno.
-Per prima cosa, farò nascere dei muri, così i confini saranno precisi, e la gente starà meglio!-
Ma tutti furono assai scocciati da queste mura, perché facevano loro ombra, e non si potevano abbronzare, così Rosmarina decise di ritirare i muri.
Si mise a osservare i bagnanti. Ne vide uno completamente calvo, e provò a leggergli nel pensiero.
-Sta sognando di avere una folta capigliatura! Io lo accontenterò!- e per magia cominciò a spuntargli una fluente capigliatura. Poi, questo signore pelato, cominciò a litigare con la moglie.
-Hai un diavolo per capello!- disse la moglie.
E Rosmarina lo riportò subito, nuovamente, ad essere senza un capello. Infatti, tornò ad essere tranquillo come prima.
Intanto un bambino si era tuffato in acqua.
-Voglio i cavalloni!- gridava alle onde.
Rosmarina l’accontentò immediatamente, facendo apparire quattro bei grossi cavalli, due sauri e due bai, ma lui scappò chiamando aiuto. Allora Rosmarina provò con due cavalli più piccoli, e poi con un pony: ma non ottenne risultati.
A questo punto si mise a osservare gli ombrelloni.
-Se quando piove si porta l’ombrello- pensò Rosmarina- e questi hanno portato degli ombrelli grandi, significa che si aspettano una grande pioggia!-
Così fece venire un uragano e una forte pioggia, ma tutti se ne andarono dalla spiaggia. Allora la fatina fece ritornare il sole, e con esso tornarono i bagnanti.
Vide il bagnino, e lesse nel suo pensiero come aspirasse a salvare qualcuno.
-Ho capito perché nessuno si fa salvare da lui. Nella maglietta, nel canotto, e sulla cabina, ha scritto Salva...taggio. Chissà chi sarà mai questo Taggio?- e sulla cabina, sul canotto, e sulla maglietta, la maghina scrisse:"Non salvo solo Taggio, ma salvo tutti!" Le cose però non cambiarono, allora riportò, sempre sulla maglietta, sulla cabina, e sul canotto, la solita scritta.
Intanto, su una sdraio, una ragazzina paffutella si lamentava con la mamma:
-Voglio diventare bella e attraente come una velina. Tutti mi vogliono bene, ma io voglio essere bella!-
La fatina allora la rese magra, alta, e affascinante. La ragazzina andò al bar del lido a comprare dei ghiaccioli, ma quando fece ritorno si lamentava ancora:
-Tutti mi guardano! Piaccio al prossimo per come appaio, era meglio prima quando piacevo per quello che ero, e non per come apparivo!- Così Rosmarina la fece ritornare paffutella come prima, dicendo:
-All’università di magia sto imparando molte cose, ma prima gli uomini dovrebbero chiarire che cosa vogliono e capire sé stessi!-
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