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Le Favole più belle
- Consuelo
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15 Anni 1 Mese fa #3331
da Consuelo
Risposta da Consuelo al topic Re:Le Favole più belle
IL PULEDRO INNAMORATO
C’era una volta un cavallo di nome Timmy. Era un giovane puledro dal pelo nero e lucido come il velluto. Era molto bello e il padroncino Nichi gli era molto affezionato. Timmy aveva però un difetto, la timidezza, la quale lo faceva sentire a proprio agio solo con lui. Chiunque altro lo avvicinasse, doveva rassegnarsi a ricevere una bella scalciata.
Nichi era molto triste perché sapeva che tutti lo consideravano molto pericoloso, mentre lui era convinto del contrario.
Era una calda giornata d’estate ed il ragazzo decise di condurre il proprio cavallo in una nuova distesa, per farlo nutrire con l’erba più fresca.
Arrivarono in un bel campo, abbastanza distante dalla propria casa. Timmy scorse al di là dello steccato una puledra, dal manto bianco e soffice come la neve.
Notò con meraviglia che anche lei lo osservava e pian piano, si avvicinava a lui.
Pensate all’agitazione che iniziò dentro di sé, dovuta alla propria timidezza! Il padroncino si era allontanato, per raccogliere delle fragoline da un cespuglio non lontano. Allora Timmy pensò di raggiungerlo, ma sentì che la puledra gli si rivolgeva: “Perché scappi, non voglio mica mangiarti! Mi chiamo Luna e tu?”.
Il puledro si fermò di botto, arrossendo dalla criniera fino agli zoccoli, e rispose: “Il mio nome è Timmy e non stavo scappando, ma cercando erba più fresca.”. La giovane puledra si avvicinò ancor di più, fingendo di non notare che il poveretto tremava come una foglia. In quel momento Nichi tornò verso di loro e vedendola la accarezzò con dolcezza. Poi prese Timmy per il guinzaglio e si allontanò. Luna lo salutò dicendo: “A domani!”. Timmy annuì e tornò a casa e quella notte non chiuse occhio. Gli tornava alla mente quello strano incontro.
Al mattino il ragazzo richiamò Timmy con un fischio. Aveva intenzione di condurlo in altro campo, ma il puledro lo tirò con decisione, verso quello dove il giorno precedente aveva incontrato la dolce Luna.
Allora il ragazzo si lasciò condurre dolcemente dal cavallo. Arrivati al campo, scorsero in lontananza la puledra che aspettava con aria impaziente. Timmy sentì un tuffo al cuore e capì di esserne innamorato. Da allora ogni giorno i due si incontrarono puntualmente al campo.
Trascorse circa un mese, quando all’improvviso la temperatura diminuì ed il caldo sole lasciò il posto a piogge e nuvoloni. Era tempo per Nichi di tornare a scuola. Suo padre avrebbe badato al puledro al mattino, mentre lui avrebbe potuto stare in sua compagnia nel pomeriggio, dopo aver terminato i compiti di scuola. Quel mattino la puledra aspettò invano l’arrivo di Timmy, perché il padre di Nichi lo aveva condotto in un'altra distesa verde, non prestando attenzione alla direzione che il cavallo voleva prendere.
Trascorse circa una settimana senza che i due puledri si incontrassero. Nichi nel pomeriggio si recò con Timmy al campo, ma Luna era in quel momento nella propria stalla.
Dopo aver lungamente rimuginato sul problema, al mattino Timmy decise di scappare per cercare l’amata. Aspettò che il padrone pulisse la stalla e lo legasse alla staccionata, quindi tirò uno strattone alla corda e corse veloce verso il campo.
Da lontano vide Luna, i cui occhi tristi si illuminarono, accogliendolo con un nitrito di gioia. La puledra scavalcò lo steccato ed insieme corsero veloce verso casa di Nichi. Il ragazzo era già tornato da scuola ed il padre aveva avuto il triste compito di comunicargli la notizia della fuga. Nichi sentiva le lacrime scendere a rigargli le guance e il cuore riempirsi di tristezza. Amava troppo il puledro, e non poteva immaginare di non vederlo più.
Ma, guardando dalla finestra vide i due, che galoppavano verso di lui e asciugandosi le lacrime corse fuori di casa, dove abbracciò Timmy con amore e accarezzo la bella Luna. Così comprese l’impossibilità di tenere i due cavalli separati. Chiamò il padre il quale accorse subito. Nichi spiegò ciò che era successo, in quei giorni d’estate e come i due puledri volessero restare vicini. Il padre, allora, disse al ragazzo di non preoccuparsi. Si recò dal padrone di Luna e ne concordò il prezzo.
Da allora Nichi diventò il padroncino di due stupendi cavalli, legati per la vita dall’amore l’uno per l’altra.
Timmy, grazie a Luna, riuscì a superare la propria timidezza e trattò con tranquillità chiunque gli si avvicinasse, riempiendo di gioia il proprio amico Nichi.
C’era una volta un cavallo di nome Timmy. Era un giovane puledro dal pelo nero e lucido come il velluto. Era molto bello e il padroncino Nichi gli era molto affezionato. Timmy aveva però un difetto, la timidezza, la quale lo faceva sentire a proprio agio solo con lui. Chiunque altro lo avvicinasse, doveva rassegnarsi a ricevere una bella scalciata.
Nichi era molto triste perché sapeva che tutti lo consideravano molto pericoloso, mentre lui era convinto del contrario.
Era una calda giornata d’estate ed il ragazzo decise di condurre il proprio cavallo in una nuova distesa, per farlo nutrire con l’erba più fresca.
Arrivarono in un bel campo, abbastanza distante dalla propria casa. Timmy scorse al di là dello steccato una puledra, dal manto bianco e soffice come la neve.
Notò con meraviglia che anche lei lo osservava e pian piano, si avvicinava a lui.
Pensate all’agitazione che iniziò dentro di sé, dovuta alla propria timidezza! Il padroncino si era allontanato, per raccogliere delle fragoline da un cespuglio non lontano. Allora Timmy pensò di raggiungerlo, ma sentì che la puledra gli si rivolgeva: “Perché scappi, non voglio mica mangiarti! Mi chiamo Luna e tu?”.
Il puledro si fermò di botto, arrossendo dalla criniera fino agli zoccoli, e rispose: “Il mio nome è Timmy e non stavo scappando, ma cercando erba più fresca.”. La giovane puledra si avvicinò ancor di più, fingendo di non notare che il poveretto tremava come una foglia. In quel momento Nichi tornò verso di loro e vedendola la accarezzò con dolcezza. Poi prese Timmy per il guinzaglio e si allontanò. Luna lo salutò dicendo: “A domani!”. Timmy annuì e tornò a casa e quella notte non chiuse occhio. Gli tornava alla mente quello strano incontro.
Al mattino il ragazzo richiamò Timmy con un fischio. Aveva intenzione di condurlo in altro campo, ma il puledro lo tirò con decisione, verso quello dove il giorno precedente aveva incontrato la dolce Luna.
Allora il ragazzo si lasciò condurre dolcemente dal cavallo. Arrivati al campo, scorsero in lontananza la puledra che aspettava con aria impaziente. Timmy sentì un tuffo al cuore e capì di esserne innamorato. Da allora ogni giorno i due si incontrarono puntualmente al campo.
Trascorse circa un mese, quando all’improvviso la temperatura diminuì ed il caldo sole lasciò il posto a piogge e nuvoloni. Era tempo per Nichi di tornare a scuola. Suo padre avrebbe badato al puledro al mattino, mentre lui avrebbe potuto stare in sua compagnia nel pomeriggio, dopo aver terminato i compiti di scuola. Quel mattino la puledra aspettò invano l’arrivo di Timmy, perché il padre di Nichi lo aveva condotto in un'altra distesa verde, non prestando attenzione alla direzione che il cavallo voleva prendere.
Trascorse circa una settimana senza che i due puledri si incontrassero. Nichi nel pomeriggio si recò con Timmy al campo, ma Luna era in quel momento nella propria stalla.
Dopo aver lungamente rimuginato sul problema, al mattino Timmy decise di scappare per cercare l’amata. Aspettò che il padrone pulisse la stalla e lo legasse alla staccionata, quindi tirò uno strattone alla corda e corse veloce verso il campo.
Da lontano vide Luna, i cui occhi tristi si illuminarono, accogliendolo con un nitrito di gioia. La puledra scavalcò lo steccato ed insieme corsero veloce verso casa di Nichi. Il ragazzo era già tornato da scuola ed il padre aveva avuto il triste compito di comunicargli la notizia della fuga. Nichi sentiva le lacrime scendere a rigargli le guance e il cuore riempirsi di tristezza. Amava troppo il puledro, e non poteva immaginare di non vederlo più.
Ma, guardando dalla finestra vide i due, che galoppavano verso di lui e asciugandosi le lacrime corse fuori di casa, dove abbracciò Timmy con amore e accarezzo la bella Luna. Così comprese l’impossibilità di tenere i due cavalli separati. Chiamò il padre il quale accorse subito. Nichi spiegò ciò che era successo, in quei giorni d’estate e come i due puledri volessero restare vicini. Il padre, allora, disse al ragazzo di non preoccuparsi. Si recò dal padrone di Luna e ne concordò il prezzo.
Da allora Nichi diventò il padroncino di due stupendi cavalli, legati per la vita dall’amore l’uno per l’altra.
Timmy, grazie a Luna, riuscì a superare la propria timidezza e trattò con tranquillità chiunque gli si avvicinasse, riempiendo di gioia il proprio amico Nichi.
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15 Anni 1 Mese fa #3334
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Le Favole più belle
Questo racconto afferma che spesso si scoprono più utili delle cose lodate quelle che tu hai disprezzato. Il cervo dopo aver bevuto si fermò presso la fonte e vide nell’acqua la sua immagine. Lì mentre ammirava le ramose corna e biasimava l’eccessiva sottigliezza delle gambe, all’improvviso atterrito dalle voci dei cacciatori cominciò a fuggire e ingannò i cani con un agile corsa. Allora il bosco accolse la bestia selvatica, nel quale trattenuto dalle corna impigliate cominciò a essere sbranato dai mortali morsi dei cani. Allora, morendo si dice che abbia levato questo grido: «Oh me infelice che ora finalmente capisco quanto mi furono utili quelle cose che avevo disprezzato, e quanto dispiacere mi avevano dato le cose che avevo lodato».
- Consuelo
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15 Anni 3 Settimane fa #3378
da Consuelo
Risposta da Consuelo al topic Re:Le Favole più belle
La piccola lumachina
C’era una volta una ragazza di circa 12 anni di nome Dany che amava molto disegnare. In qualsiasi posto si trovasse, osservava sempre ciò che la circondava e se aveva un foglio ed una matita, riportava su di esso fedelmente ciò che vedeva. Disegnare la faceva sentire realizzata e serena.
La piccola Lumachina. Di Fabiola Pietropaolo Era una calda giornata d’estate e camminando su una strada fatta di grosse pietre, vide, in una delle fessure, una piccola lumachina che strisciava lasciando una piccola strada fatta dal suo liquido schiumoso. Era così graziosa, color bianco con strisce marroni e nere, che Dany decise di fermarsi a disegnarla. Iniziò subito tracciando le linee del guscio e della testolina con le piccole antenne per poi passare alla coda ed alla scia lasciata sulle pietre. Mentre stava lì attenta ad osservare ogni particolare, le parve che la lumachina girasse le antenne e la guardasse. Pensò che la fantasia le stesse giocando dei brutti scherzi e continuò, ma dopo poco di nuovo le antenne si girarono verso di lei e la guardarono fisso negli occhi.
Dany fermò la matita e disse: ”Cosa c’è lumachina mia, vuoi dirmi qualcosa? Sembra tu voglia parlarmi!”.
La lumaca allora si mise a parlare, lasciando Dany meravigliata ma non eccessivamente, perché chi disegna con amore, impara a riconoscere l’anima degli oggetti e ancor di più degli animali.
Disse: “Sì hai ragione volevo parlarti. Ho bisogno di aiuto ed anche se a noi animali è vietato parlare con voi uomini, so che tu sei diversa, perchè la tua sensibilità ti rende una persona speciale”.
Dany rispose: “Ebbene dimmi lumachina in cosa posso aiutarti?”.
E la lumachina: “La mia famiglia è in pericolo, alcune persone hanno acceso un fuoco per bruciare tutte le erbacce che ci sono vicino la mia casa. Io sono stata appena avvisata da un bruco mio amico di andare ad aiutarla, ma con la mia lentezza non arriverò mai in tempo! Ti prego potresti condurmi lì?”.
Dany non se lo fece ripetere due volte, si infilò foglio e matita in tasca, prese la lumachina nella sua mano e sotto la guida della stessa corse al luogo dove l’incendio stava per distruggere tutto ciò che di più importante esisteva al mondo per la sua nuova amica.
Mentre correva sentiva sempre più vicino l’odore del fuoco che saliva al cielo. Arrivò in una radura dove tre ragazzi appiccavano piccoli focolai per bruciare le erbacce cresciute con le piogge e che il caldo avrebbe reso pericolose per le case vicine, essendo quello un piccolo borghetto di periferia.
La lumachina indicò un punto vicino ad un vecchio tronco posto alla destra del focolaio, non ancora incendiato, ma che entro pochi minuti sarebbe stato distrutto dalle fiamme.
Dany si fece coraggio e si avvicinò ai giovani che potevano avere dai 13 ai 17 anni. La ragazza iniziò a parlare con risolutezza anche se dentro di sé sentiva il cuore battere a mille: “Sono la figlia del Conte che possiede queste terre, mio padre mi ha mandato a dirvi di spegnere immediatamente questo fuoco, altrimenti si vedrà costretto a venire di persona”.
I tre ragazzi rimasero un attimo sbigottiti e si guardarono tra di loro. Erano stati chiamati dal Conte quella mattina per sbrigare questo lavoro e li avrebbe pagati a lavoro finito con € 10,00 ciascuno.
Se avessero interrotto il lavoro, probabilmente non sarebbero stati saldati ma se avessero continuato, senza ascoltare quella che a loro avviso poteva anche essere la figlia del Conte, questi non li avrebbe più ingaggiati per altri lavori.
Allora il più grande disse agli altri due: “Presto prendete i secchi d’acqua e buttateli sul focolaio!”.
La lumachina tirò un sospiro di sollievo ed anche la ragazza che ringraziò i tre e promise di ricompensarli lei stessa con ciò che avrebbero dovuto guadagnare per quel lavoro il giorno successivo.
Quindi portò la lumachina nel vecchio tronco, la quale la ringraziò dicendo: “Sei stata molto buona. Che il Signore ti ricompensi per tutto ciò che hai fatto per me e per la mia famiglia. Ma dimmi come farai adesso a spiegare al Conte che sei stata tu ad interrompere il lavoro da lui richiesto?”.
E la ragazza rispose, non ti preoccupare la tua amicizia vale molto di più di un rimprovero preso da mio padre! Tornerò a trovarti presto”. E così dicendo si allontanò sorridendo e salutando la lumachina che da allora diventò per lei una grande amica, consigliandola nel bisogno con la sua saggezza.
C’era una volta una ragazza di circa 12 anni di nome Dany che amava molto disegnare. In qualsiasi posto si trovasse, osservava sempre ciò che la circondava e se aveva un foglio ed una matita, riportava su di esso fedelmente ciò che vedeva. Disegnare la faceva sentire realizzata e serena.
La piccola Lumachina. Di Fabiola Pietropaolo Era una calda giornata d’estate e camminando su una strada fatta di grosse pietre, vide, in una delle fessure, una piccola lumachina che strisciava lasciando una piccola strada fatta dal suo liquido schiumoso. Era così graziosa, color bianco con strisce marroni e nere, che Dany decise di fermarsi a disegnarla. Iniziò subito tracciando le linee del guscio e della testolina con le piccole antenne per poi passare alla coda ed alla scia lasciata sulle pietre. Mentre stava lì attenta ad osservare ogni particolare, le parve che la lumachina girasse le antenne e la guardasse. Pensò che la fantasia le stesse giocando dei brutti scherzi e continuò, ma dopo poco di nuovo le antenne si girarono verso di lei e la guardarono fisso negli occhi.
Dany fermò la matita e disse: ”Cosa c’è lumachina mia, vuoi dirmi qualcosa? Sembra tu voglia parlarmi!”.
La lumaca allora si mise a parlare, lasciando Dany meravigliata ma non eccessivamente, perché chi disegna con amore, impara a riconoscere l’anima degli oggetti e ancor di più degli animali.
Disse: “Sì hai ragione volevo parlarti. Ho bisogno di aiuto ed anche se a noi animali è vietato parlare con voi uomini, so che tu sei diversa, perchè la tua sensibilità ti rende una persona speciale”.
Dany rispose: “Ebbene dimmi lumachina in cosa posso aiutarti?”.
E la lumachina: “La mia famiglia è in pericolo, alcune persone hanno acceso un fuoco per bruciare tutte le erbacce che ci sono vicino la mia casa. Io sono stata appena avvisata da un bruco mio amico di andare ad aiutarla, ma con la mia lentezza non arriverò mai in tempo! Ti prego potresti condurmi lì?”.
Dany non se lo fece ripetere due volte, si infilò foglio e matita in tasca, prese la lumachina nella sua mano e sotto la guida della stessa corse al luogo dove l’incendio stava per distruggere tutto ciò che di più importante esisteva al mondo per la sua nuova amica.
Mentre correva sentiva sempre più vicino l’odore del fuoco che saliva al cielo. Arrivò in una radura dove tre ragazzi appiccavano piccoli focolai per bruciare le erbacce cresciute con le piogge e che il caldo avrebbe reso pericolose per le case vicine, essendo quello un piccolo borghetto di periferia.
La lumachina indicò un punto vicino ad un vecchio tronco posto alla destra del focolaio, non ancora incendiato, ma che entro pochi minuti sarebbe stato distrutto dalle fiamme.
Dany si fece coraggio e si avvicinò ai giovani che potevano avere dai 13 ai 17 anni. La ragazza iniziò a parlare con risolutezza anche se dentro di sé sentiva il cuore battere a mille: “Sono la figlia del Conte che possiede queste terre, mio padre mi ha mandato a dirvi di spegnere immediatamente questo fuoco, altrimenti si vedrà costretto a venire di persona”.
I tre ragazzi rimasero un attimo sbigottiti e si guardarono tra di loro. Erano stati chiamati dal Conte quella mattina per sbrigare questo lavoro e li avrebbe pagati a lavoro finito con € 10,00 ciascuno.
Se avessero interrotto il lavoro, probabilmente non sarebbero stati saldati ma se avessero continuato, senza ascoltare quella che a loro avviso poteva anche essere la figlia del Conte, questi non li avrebbe più ingaggiati per altri lavori.
Allora il più grande disse agli altri due: “Presto prendete i secchi d’acqua e buttateli sul focolaio!”.
La lumachina tirò un sospiro di sollievo ed anche la ragazza che ringraziò i tre e promise di ricompensarli lei stessa con ciò che avrebbero dovuto guadagnare per quel lavoro il giorno successivo.
Quindi portò la lumachina nel vecchio tronco, la quale la ringraziò dicendo: “Sei stata molto buona. Che il Signore ti ricompensi per tutto ciò che hai fatto per me e per la mia famiglia. Ma dimmi come farai adesso a spiegare al Conte che sei stata tu ad interrompere il lavoro da lui richiesto?”.
E la ragazza rispose, non ti preoccupare la tua amicizia vale molto di più di un rimprovero preso da mio padre! Tornerò a trovarti presto”. E così dicendo si allontanò sorridendo e salutando la lumachina che da allora diventò per lei una grande amica, consigliandola nel bisogno con la sua saggezza.
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15 Anni 3 Settimane fa #3383
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Le Favole più belle
In una casetta vicino un cimitero dietro ad un tempio viveva un vecchio di nome Takahama. Era molto gentile e piaceva a tutti i suoi vicini, anche se molti di essi lo consideravano un po’ pazzo. A quanto sembra la sua pazzia consisteva semplicemente nel fatto che non si era mai sposato e non aveva mai mostrato desiderio di trovare una donna.
Un giorno di estate si ammalò gravemente, vennero chiamati ad assisterlo la figlia ed il nipote. I due arrivarono e fecero tutto ciò che potevano per dargli sollievo nelle sue ultime ore. Mentre lo vegliavano, Takahama si addormentò. Poco dopo una grande farfalla bianca volò dentro la stanza e si posò sul cuscino del vecchio. Il ragazzo cercò di cacciarla via, ma quella tornò tre volte, come se fosse riluttante ad abbandonare il malato.
Alla fine il nipote di Takahama riuscì a farla uscire in giardino la vide attraversare il cancello ed entrare nel cimitero, dove si posò sulla tomba di una donna e quindi misteriosamente scomparve.
Sulla tomba c'era scritto il nome “Akiko” insieme a un epitaffio che raccontava come Akiko era morta all’età di diciotto anni. Benché la tomba fosse ricoperta di muschio e sembrasse costruita decenni prima, il ragazzo notò che era molto ben curata e circondata di fiori.
Quando il giovane tornò alla casa, Takahama era ormai spirato. Si rivolse alla madre e le raccontò quello che aveva visto nel cimitero.
«Akiko?» mormorò la madre. «Quando tuo zio era giovane, fu fidanzato con Akiko. La ragazza morì di tubercolosi proprio il giorno prima delle nozze. Quando lasciò questo mondo, tuo zio decise che non si sarebbe mai sposato e che avrebbe vissuto per sempre vicino alla sua tomba".
Per tutti quegli anni Takahama aveva mantenuto la sua promessa e aveva conservato nel cuore tutti i dolci ricordi del suo unico amore. Tutti i giorni si era recato nel cimitero, sia che l’aria fosse profumata dalla brezza dell’estate, sia che fosse appesantita dalla neve che cadeva d’inverno. Quando Takahama stava morendo e non poteva più svolgere il suo compito amoroso, Akiko era venuta per lui. Quella farfalla bianca era la sua anima.
Un giorno di estate si ammalò gravemente, vennero chiamati ad assisterlo la figlia ed il nipote. I due arrivarono e fecero tutto ciò che potevano per dargli sollievo nelle sue ultime ore. Mentre lo vegliavano, Takahama si addormentò. Poco dopo una grande farfalla bianca volò dentro la stanza e si posò sul cuscino del vecchio. Il ragazzo cercò di cacciarla via, ma quella tornò tre volte, come se fosse riluttante ad abbandonare il malato.
Alla fine il nipote di Takahama riuscì a farla uscire in giardino la vide attraversare il cancello ed entrare nel cimitero, dove si posò sulla tomba di una donna e quindi misteriosamente scomparve.
Sulla tomba c'era scritto il nome “Akiko” insieme a un epitaffio che raccontava come Akiko era morta all’età di diciotto anni. Benché la tomba fosse ricoperta di muschio e sembrasse costruita decenni prima, il ragazzo notò che era molto ben curata e circondata di fiori.
Quando il giovane tornò alla casa, Takahama era ormai spirato. Si rivolse alla madre e le raccontò quello che aveva visto nel cimitero.
«Akiko?» mormorò la madre. «Quando tuo zio era giovane, fu fidanzato con Akiko. La ragazza morì di tubercolosi proprio il giorno prima delle nozze. Quando lasciò questo mondo, tuo zio decise che non si sarebbe mai sposato e che avrebbe vissuto per sempre vicino alla sua tomba".
Per tutti quegli anni Takahama aveva mantenuto la sua promessa e aveva conservato nel cuore tutti i dolci ricordi del suo unico amore. Tutti i giorni si era recato nel cimitero, sia che l’aria fosse profumata dalla brezza dell’estate, sia che fosse appesantita dalla neve che cadeva d’inverno. Quando Takahama stava morendo e non poteva più svolgere il suo compito amoroso, Akiko era venuta per lui. Quella farfalla bianca era la sua anima.
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15 Anni 4 giorni fa #3636
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Le Favole più belle
LA NOTTE INCANTATA
La piccola Giulia, era una dolce bambina di circa sei anni. Aveva un carattere forte e molto intraprendente. I suoi genitori erano disperati perché la bambina, per attirare l’attenzione, ne combinava di tutti i colori, con dispetti diretti verso di loro e soprattutto nei confronti del fratellino più piccolo. Avevano cercato di spiegarle, molte volte, che questo atteggiamento rischiava solo di danneggiarla ed erano obbligati, loro malgrado, a metterla spesso in castigo, privandola di piccole soddisfazioni che le stavano a cuore, come ad esempio i cartoni animati ed i regali.
Era il mese di Ottobre, gli alberi erano ormai spogli ed ingialliti.
La mamma leggeva spesso ai due bambini storie molto appassionanti, ma le loro preferite erano quelle riguardanti Babbo Natale. Come era piacevole ascoltare i racconti dei bambini che, la notte di Natale, ricevevano bei doni! I più monelli ottenevano, al contrario, solo cenere e carbone.
La mamma avvertiva Giulia: “Stai attenta che quest’anno potrebbero toccare anche a te!”. Alla bambina questa frase non andava proprio giù. Pensava che la mamma avesse ragione, il suo comportamento l’avrebbe di sicuro privata del regalo tanto sperato. Gli elfi, che attendevano ordine da Babbo Natale di iniziare la fabbricazione, avrebbero avuto un gioco in meno nella lista.
Decise allora di cambiare atteggiamento, avrebbe aiutato la mamma in casa e cercato di non litigare con il fratellino. Iniziò con l’aiutare in cucina e rimise a posto tutti i giochi. Più passavano i giorni, più i bambini andavano d’accordo. La mamma era molto meravigliata e toccava spesso la fronte della figlia, pensando stesse poco bene. Ma la bambina la rassicurava di stare benissimo.
Dicembre era ormai alle porte, presto avrebbero scritto le letterine a Babbo Natale! Il giorno della festa dell’Immacolata, i genitori iniziarono l’addobbo dell’albero. Anche la capanna del Presepe con tutte le statuine furono posizionati al proprio posto. I bambini aiutarono i genitori con immensa allegria. Una volta ripulito, poterono finalmente godere della compagnia delle luci e delle musiche che addobbavano la stanza.
Quella sera si sedettero di fronte all’albero ed iniziarono a scrivere le letterine. Giulia prese il foglio ed iniziò a mettere nero su bianco i propri pensieri, anche se la mano era ancora incerta nello scrivere, data la giovane età: “Caro Babbo Natale, come hai potuto notare, da tanti giorni sono buona, aiuto la mamma e non litigo con il mio fratellino. Anche se prima facevo i capricci, ti prego scusami. Ti prometto che continuerò a fare buone azioni. Tu, puoi portarmi i regali che ti chiedo? Sai ho sempre desiderato avere una zebra ed una giraffa vere, ma come sai, questo non è possibile: dove le terrei? Comunque mi accontento di quelle di peluche. Ti mando un grosso bacio, Giulia”.
La madre scrisse la letterina per il piccolo Paolo che chiese un bel trenino con le rotaie.
Entrambe le lettere furono appese all’albero con un gancetto.
I bambini andarono a letto pieni di speranza che quella stessa notte Babbo Natale prendesse le loro lettere. Al mattino, con grande gioia, si accorsero che le letterine erano sparite!
I giorni successivi trascorsero veloci e, prima che se ne accorgessero, arrivò la vigilia di Natale. I preparativi iniziarono fin dal mattino, per il cenone di Natale. Quella notte Babbo Natale avrebbe portato loro i regali richiesti? I bambini lo speravano ardentemente. Quella sera andarono a letto prima del solito. Infatti la mamma raccontava che, prima del suo arrivo, dovevano essere ben addormentati.
Era notte fonda quando Giulia sentì un rumore che la destò dal sonno. Sembrava il fischio di un treno. Rimase un attimo ferma, poi spalancò gli occhi. Nella stanza stava succedendo qualcosa di veramente straordinario. Una zebra ed una giraffa di peluche, dell’altezza del suo fratellino, si muovevano ed emettevano dei versi caratteristici.
Un trenino rosso correva veloce sulle rotaie, ed il macchinista suonava allegramente. Alcuni bambini erano affacciati ai finestrini e salutavano Giulia, la quale, ancora incredula, corse a svegliare il fratellino. La bambina salì in groppa alla zebra mentre Paolo scelse la giraffa. Cavalcando, accarezzavano il morbido pelo dei due animali e riempivano di baci le loro dolci testoline. Il trenino era stupendo da guardare, tutto era in vita e le luci riempivano ogni vagone, scoprendo sempre nuove azioni dei passeggeri. Quella notte incantata fu la più bella della loro vita!
Al mattino mamma e papà li svegliarono dicendo: ”Guardate che bei regali che vi ha portato Babbo Natale”. I bambini aprirono gli occhi e trovarono i giochi vicino ai lettini, purtroppo, però, inanimati. Quasi rimanendo senza fiato, raccontarono tutto ciò che avevano vissuto quella notte. I genitori li ascoltarono sorridendo e ringraziando in cuor loro Babbo Natale per il bel sogno che aveva regalato ai propri piccoli.
La piccola Giulia, era una dolce bambina di circa sei anni. Aveva un carattere forte e molto intraprendente. I suoi genitori erano disperati perché la bambina, per attirare l’attenzione, ne combinava di tutti i colori, con dispetti diretti verso di loro e soprattutto nei confronti del fratellino più piccolo. Avevano cercato di spiegarle, molte volte, che questo atteggiamento rischiava solo di danneggiarla ed erano obbligati, loro malgrado, a metterla spesso in castigo, privandola di piccole soddisfazioni che le stavano a cuore, come ad esempio i cartoni animati ed i regali.
Era il mese di Ottobre, gli alberi erano ormai spogli ed ingialliti.
La mamma leggeva spesso ai due bambini storie molto appassionanti, ma le loro preferite erano quelle riguardanti Babbo Natale. Come era piacevole ascoltare i racconti dei bambini che, la notte di Natale, ricevevano bei doni! I più monelli ottenevano, al contrario, solo cenere e carbone.
La mamma avvertiva Giulia: “Stai attenta che quest’anno potrebbero toccare anche a te!”. Alla bambina questa frase non andava proprio giù. Pensava che la mamma avesse ragione, il suo comportamento l’avrebbe di sicuro privata del regalo tanto sperato. Gli elfi, che attendevano ordine da Babbo Natale di iniziare la fabbricazione, avrebbero avuto un gioco in meno nella lista.
Decise allora di cambiare atteggiamento, avrebbe aiutato la mamma in casa e cercato di non litigare con il fratellino. Iniziò con l’aiutare in cucina e rimise a posto tutti i giochi. Più passavano i giorni, più i bambini andavano d’accordo. La mamma era molto meravigliata e toccava spesso la fronte della figlia, pensando stesse poco bene. Ma la bambina la rassicurava di stare benissimo.
Dicembre era ormai alle porte, presto avrebbero scritto le letterine a Babbo Natale! Il giorno della festa dell’Immacolata, i genitori iniziarono l’addobbo dell’albero. Anche la capanna del Presepe con tutte le statuine furono posizionati al proprio posto. I bambini aiutarono i genitori con immensa allegria. Una volta ripulito, poterono finalmente godere della compagnia delle luci e delle musiche che addobbavano la stanza.
Quella sera si sedettero di fronte all’albero ed iniziarono a scrivere le letterine. Giulia prese il foglio ed iniziò a mettere nero su bianco i propri pensieri, anche se la mano era ancora incerta nello scrivere, data la giovane età: “Caro Babbo Natale, come hai potuto notare, da tanti giorni sono buona, aiuto la mamma e non litigo con il mio fratellino. Anche se prima facevo i capricci, ti prego scusami. Ti prometto che continuerò a fare buone azioni. Tu, puoi portarmi i regali che ti chiedo? Sai ho sempre desiderato avere una zebra ed una giraffa vere, ma come sai, questo non è possibile: dove le terrei? Comunque mi accontento di quelle di peluche. Ti mando un grosso bacio, Giulia”.
La madre scrisse la letterina per il piccolo Paolo che chiese un bel trenino con le rotaie.
Entrambe le lettere furono appese all’albero con un gancetto.
I bambini andarono a letto pieni di speranza che quella stessa notte Babbo Natale prendesse le loro lettere. Al mattino, con grande gioia, si accorsero che le letterine erano sparite!
I giorni successivi trascorsero veloci e, prima che se ne accorgessero, arrivò la vigilia di Natale. I preparativi iniziarono fin dal mattino, per il cenone di Natale. Quella notte Babbo Natale avrebbe portato loro i regali richiesti? I bambini lo speravano ardentemente. Quella sera andarono a letto prima del solito. Infatti la mamma raccontava che, prima del suo arrivo, dovevano essere ben addormentati.
Era notte fonda quando Giulia sentì un rumore che la destò dal sonno. Sembrava il fischio di un treno. Rimase un attimo ferma, poi spalancò gli occhi. Nella stanza stava succedendo qualcosa di veramente straordinario. Una zebra ed una giraffa di peluche, dell’altezza del suo fratellino, si muovevano ed emettevano dei versi caratteristici.
Un trenino rosso correva veloce sulle rotaie, ed il macchinista suonava allegramente. Alcuni bambini erano affacciati ai finestrini e salutavano Giulia, la quale, ancora incredula, corse a svegliare il fratellino. La bambina salì in groppa alla zebra mentre Paolo scelse la giraffa. Cavalcando, accarezzavano il morbido pelo dei due animali e riempivano di baci le loro dolci testoline. Il trenino era stupendo da guardare, tutto era in vita e le luci riempivano ogni vagone, scoprendo sempre nuove azioni dei passeggeri. Quella notte incantata fu la più bella della loro vita!
Al mattino mamma e papà li svegliarono dicendo: ”Guardate che bei regali che vi ha portato Babbo Natale”. I bambini aprirono gli occhi e trovarono i giochi vicino ai lettini, purtroppo, però, inanimati. Quasi rimanendo senza fiato, raccontarono tutto ciò che avevano vissuto quella notte. I genitori li ascoltarono sorridendo e ringraziando in cuor loro Babbo Natale per il bel sogno che aveva regalato ai propri piccoli.
Riduci
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15 Anni 11 Ore fa #3663
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Le Favole più belle
La fiaba del lupo buono
Un giorno il Signore si svegliò, e passeggiando tra le strade del creato, noto' un bosco particolarmente verde e prolifico; di una flora alta e rigogliosa, attraverso la quale scorrevano torrenti e fiumi che, con le loro limpide acque, bagnavano terreni fertili, una ricca fauna e la moltitudine di frutti e fiori che rendevano, con i loro colori, quella parte del creato, particolarmente bella e luminosa.
Egli aveva, nel frattempo, gia' donato all'uomo buona parte delle terre; la maggior parte delle acque ai pesci, il cielo agli uccelli e, non sapendo a chi donare quel lembo di paradiso, lo regalo’ ad una coppia di lupi i quali, abituati a vivere nei boschi e a cacciare per sfamarsi, trovarano in quella generosa concessione il luogo ideale dove poter condurre una vita felice; e cosi' fecero dando vita nell'arco di tre anni a tre piccoli lupetti ai quali,man mano che questi crescevano, spiegarono l’origine di tutto quel bene, ma soprattutto gli inculcarono il rispetto per tutte quelle fantastiche concessioni; affinche’ il tutto potesse vivere e proliferare in funzione dell'equilibrio necessario.
Mentre tutto procedeva in considerazione di cio' che era stato a loro spiegato e man mano che i lupetti crescevano; si cominciarono a delineare anche i caratteri di ciascuno di loro e, come spesso capita in ogni famiglia, c'e' sempre il figliolo che emerge, per una caratteristica diversa, rispetto agli altri fratelli, positiva o negativa che essa sia, e questo fu il caso di Lex, che rispetto a Tavi e Max, era il piu' curioso, il piu' impiccione ed anche il piu' sfrontato, tanto da rischiare molto spesso la sua stessa incolumita', ma con il senno opportuno di non mettere mai in discussione quella dei suoi fratelli.
Cio' nonostante restava il fatto che il suo carattere, impetuoso ed istintivo, fosse spesso fonte di preoccupazione per mamma e papa' lupo; il quale non disdegnava verso Lex toni e modi piu' duri rispetto ai due fratelli Tavi e Max, convinto che questo suo fare avesse potuto riportare Lex ad un atteggiamento più riflessivo e rispettoso delle regole che nell'ambito famigliare erano state impostate; sortendo suo malgrado un risultato diverso da quello che egli stesso prospettava come riscontro.
Con il tempo Lex divenne ancora piu' ribelle e le lezioni sempre piu’ dure e restrittive che papa' lupo gli imponeva, divennero il motivo scatenante dei continui guai di cui Lex puntualmente si rendeva artefice; allorche' mamma lupa, che come ogni mamma prende le parti dei propri figli, specie quelli piu' difficili, anche a costo di continui dissensi e malumori che inmancabbilmente coinvolgevano l'intera famiglia, cercò di fungere da mediatrice, nel rapporto sempre piu' difficile tra Lex e papa' lupo , senza riuscirvi, dato il rapporto difficile che nel frattempo fra i due sempre era venuto a crearsi.
A quel punto mamma e papa' lupo, preoccupati che l'atteggiamento di Lex avesse potuto mettere in discussione quell'equilibrio famigliare tanto faticosamente cercato e voluto, cercarono di imporgli delle regole piu' ferree anche a costo di metodi piu’ drastici.
Nel frattempo, gli insegnamenti che Lex aveva ricevuto dai genitori e dalla natura, relativi alla sopravvivenza ed alla convivenza con il resto della natura stessa, furono dallo stesso assimilati in tempi brevi, data la sua precocità, ma non trovarono adeguata collocazione nell'equilbrio mentale del lupetto,nonostante lo stesso li recepisse prima e meglio rispetto ai suoi due fratelli,che vivevano in maniera piu' tranquilla ed equilibrata il rapporto familiare, e quello con la natura.
Questo fece si’ che l’ossessiva curiosita' che animava la mente di Lex, alla continua ricerca di scoperte e nuove emozioni, che fino a quel momento gli erano state opportunamente proibite, lo portarono alla prima occasione, ad inoltrarsi oltre il confine di quel paradiso che il signore aveva destinato a lui ed alla sua famiglia; la sfrontatezza e la struggente curiosita’ che, come gia’detto, particolarmente lo animava, lo portarono a superare quel limite che per la sua natura animale, ma pur sempre fragile rispetto all’ignoto verso cui per la prima volta si affacciava, gli avrebbero procurato solo danni e condizioni negative. Arrivo' ad avventurarsi ai confini di quel mondo fino ad allora da egli tanto ambito e ricercato, quello degli umani, del quale aveva sempre sentito parlare in termini assolutamente negativi ma suggestivi, data la sua indole.
E li' vi incontro' un folletto, che pareva lo stesse aspettando da chissà quanto tempo, gli si rivolse dopo un primo impatto di sorpresa, con una gentilezza di modi e di azioni che in Lex sortirono l'effetto di una ulteriore sfida a se stesso; fino a quel momento non aveva mai avuto nessun contatto diverso da quelli che gli insegnamenti della famiglia, della natura e del signore stesso gli erano stati posti come un confine invalicabile, e qui fu pervaso da un senso contemporaneo di disorientamento e di disagio, tanto da affidarsi a quel folletto tanto gentile verso di lui in quel momento, come l'unico essere in grado di capirlo e soddisfarlo, tanto da fargli tornare, con un senso di sollievo misto a rabbia il ricordo delle parole e delle discordie avute col padre,cercando e, soprattutto, trovando nel suo spirito di contestazione, la ragione che lui aveva sempre ostentato rispetto al disappunto del genitore.
In un primo momento il folletto gli chiese da quale luogo egli venisse e cosa lo avesse spinto cosi' lontano dal suo bosco e dalle sue origini e Lex, con un crescente spirito di adattamento a quella nuova situazione, comincio a parlargli dei limiti e degli atteggiamenti angusti impostogli dal mondo pieno di limiti e pregiudizi da cui proveniva, sembrando oltremodo soddisfatto e felice dall'aver raggiunto quella meta tanto sospirata che cosi brutta e crudele gli era stata descritta e che, invece, da quel poco che aveva potuto concepire, era lo stesso che lui aveva sempre immaginato; al che' il folletto, figlio della cattiveria del mondo umano, sul quale peraltro il signore sembrava avesse perso ogni controllo, gli propose di conoscere quel mondo da piu' vicino descrivendogli tutti i divertimenti ed i piaceri di cui nel tempo, contro il parere del signore era riuscito a crearsi stimolando cosi', sempre di piu', la gia' fervente curiosita' di quel lupetto che, di fronte a quei racconti, pareva trepidante e voglioso di viverli.
Il folletto allora gli spiego' che in quel mondo non poteva presentarsi con le sue attuali sembianze e gli propose di trasformarsi in umano; e per farlo avrebbe soltanto dovuto rinnegare le sue reali origini, cosi' come gia' tanti altri esseri provenienti dal mare e dal cielo, avevano fatto.
Di fronte a questa scelta Lex non ebbe alcuna titubanza e il folletto subito gli descrisse di quali divertimenti per lui inimmaginabili, il mondo che gli si prospettava, potesse essere capace; cio' accrebbe l’interesse di Lex per tutte quelle novita’ allontanandogli qualsiasi possibile diffidenza, pur di vivere anche un solo momento di tutto cio' che gli era stato appena proposto, cosicche' il folletto con un rito magico lo trasformò in un essere umano.
Lex all'impatto non ebbe la reale cognizione di cio' che stesse succedendo, ma preso coscienza delle sue nuove sembianze, parve sentirsi subito a suo agio e lo fu ancor piu' quando, specchiandosi nelle acque di un fiume notò il suo aspetto piacente, qualita’ che, a detta del folletto, gli avrebbe facilitato l'inserimento nel nuovo mondo.
Il folletto accompagnò Lex ai margini di una grande citta' e gli disse: - ora scoprirai cio' che hai trovato a dispetto di cio' che hai perso - e lo lasciò andare all'avventura in quel mondo, che Lex tanto desiderava conoscere.
Comincio' a camminare fra una moltitudine di gente che sembrava non vederlo, ne' sentirlo e subito, tutto questo, creo' in lui, abituato alla leggi della foresta, dove era sempre stato protagonista sia per le sue prede che per la sua stessa famiglia, un senso negativo.
Tutto gli pareva strano e non riusciva a capire quell'indifferenza, man mano che proseguiva nella conoscenza diveniva sempre piu preda mortificata della sua stessa coscienza, l'insensibilita' di quel mondo, il disenteresse di fronte alla sofferenza della gente che vedeva per strada mentre elemosinava un soldo, o un pezzo di pane,la diffidenza, che notava negli sguardi apparentemente tutti ugualmente persi, che incrociava e il movimento veloce ed esasperato di un mondo che non capiva, gli fecero subito tornare in mente cio' che aveva barattato: la solidarieta’ e la tranquillita' del bosco con il movimento caotico e senza una verosimile meta, ne' fine concreto, di un mondo che immaginava felice e divertito, e che invece vide perso nella propria tristezza, apparentemente senza un reale motivo, l'amore della sua famiglia con l'indifferenza della gente che quasi lo calpestava senza notarlo, e l'inganno cominciato con le promesse di un folletto, che gli aveva rubato le origini e l'anima.
Piu' andava avanti e piu' tutto questo gli procurava paura e una incommensurabile voglia di tornare al suo cosi' caro bosco, cosi' facilmente abbandonato, per qualcosa che gli sembrava un sogno irraggiungibile, ma che poi si era rivelato solo il frutto marcio, di un terribile inganno .
Cammino’ per giorni, nella vana speranza di trovare quel divertimento che il folletto ingannevolmente gli aveva promesso, ma non lo trovo': ovunque vedeva indifferenza cattiveria e tentazioni fasulle, come quella che il folletto gli aveva propinato.
Cosi' in maniera rabbiosa e decisa riprese il cammino inverso alla ricerca di quel folletto, deciso a riprendersi cio' che aveva perduto.
La ricerca fu da subito ardua e difficile, in quel mondo assomigliavano tutti incredibilmente a quel folletto e spesso si trovò a scontrarsi con folletti che, nonostante la incredibile somiglianza, non erano colui che egli cercava, ma la sua decisione ebbe soddisfazione solo quando, camminando a ritroso, si ritrovo' sulle sponde di quel fiume che fu specchio delle sue iniziali illusioni, e li decise di aspettarlo quel dannato folletto.
Finchè dopo qualche giorno di disperata attesa lo stesso si presentò con un atteggiamento sornione e di sfida gli chiese beffardamente se si fosse divertito abbastanza nella citta'.
Lex irretito dall'atteggiamento del folletto ebbe uno scatto che ricordava vagamente le sue origini e lo azzanno'; tenendolo ben stretto gli intimo' la restituzione delle sue sembianze e l'annullamento dell'impegno preso in funzione del baratto.
Il folletto pur di liberarsi, si mostro' subito disponibile e, una volta libero, riprese quell'atteggiamento sicuro e beffardo, e con il piglio sicuro di chi ha il coltello dalla parte del manico; gli disse - lasciami i tuoi migliori anni e io ti restituisco al tuo mondo - .
Lex pur di tornare al suo mondo accetto' e in men che non si dica si trovo' ritrasformato in lupo: non aveva piu' la freschezza di quando aveva lasciato il bosco, ne' i riflessi che insieme agli anni lasciati erano andati persi anche quelli, ma aveva nel frattempo acquisito la saggezza e l'esperienza che prima non aveva, ed insieme a quelle anche il rispetto per il padre e la madre, che avevano cercato di indirizzarlo verso quella che era la realta', e non le banali ed inutili fantasie, con le quali il folletto gli aveva rubato gli anni migliori.
Lex tornò a casa e tutti furono felici di accoglierlo, ritrovò la sua natura ed i suoi cari e per ognuno ebbe un pensiero, che espresse cosi':
- Caro padre ho impiegato molti anni per capire cio' che avreste voluto insegnarmi ed erano saggezza e conoscenza; ora, grazie a voi, sono qualita' che ho acquisito, vi amerò per sempre per questo fantastico dono.
Cara Madre mi avete insegnato l'importanza della bonta', ma ero troppo arrogante per comprendere il significato, ed il senso delle vostre parole; ora sono piu' saggio per comprenderle e farne parte fondamentale del mio bagaglio di vita -.
Ed infine, rivolto ai fratelli, disse:
- Cari fratelli sarei dovuto esservi d'esempio, ed invece vi ho abbandonati lasciandovi l'esempio peggiore, ma ora sono qua ed insieme daremo vita al grande disegno del quale il Signore ci ha voluti protagonisti.
Un giorno il Signore si svegliò, e passeggiando tra le strade del creato, noto' un bosco particolarmente verde e prolifico; di una flora alta e rigogliosa, attraverso la quale scorrevano torrenti e fiumi che, con le loro limpide acque, bagnavano terreni fertili, una ricca fauna e la moltitudine di frutti e fiori che rendevano, con i loro colori, quella parte del creato, particolarmente bella e luminosa.
Egli aveva, nel frattempo, gia' donato all'uomo buona parte delle terre; la maggior parte delle acque ai pesci, il cielo agli uccelli e, non sapendo a chi donare quel lembo di paradiso, lo regalo’ ad una coppia di lupi i quali, abituati a vivere nei boschi e a cacciare per sfamarsi, trovarano in quella generosa concessione il luogo ideale dove poter condurre una vita felice; e cosi' fecero dando vita nell'arco di tre anni a tre piccoli lupetti ai quali,man mano che questi crescevano, spiegarono l’origine di tutto quel bene, ma soprattutto gli inculcarono il rispetto per tutte quelle fantastiche concessioni; affinche’ il tutto potesse vivere e proliferare in funzione dell'equilibrio necessario.
Mentre tutto procedeva in considerazione di cio' che era stato a loro spiegato e man mano che i lupetti crescevano; si cominciarono a delineare anche i caratteri di ciascuno di loro e, come spesso capita in ogni famiglia, c'e' sempre il figliolo che emerge, per una caratteristica diversa, rispetto agli altri fratelli, positiva o negativa che essa sia, e questo fu il caso di Lex, che rispetto a Tavi e Max, era il piu' curioso, il piu' impiccione ed anche il piu' sfrontato, tanto da rischiare molto spesso la sua stessa incolumita', ma con il senno opportuno di non mettere mai in discussione quella dei suoi fratelli.
Cio' nonostante restava il fatto che il suo carattere, impetuoso ed istintivo, fosse spesso fonte di preoccupazione per mamma e papa' lupo; il quale non disdegnava verso Lex toni e modi piu' duri rispetto ai due fratelli Tavi e Max, convinto che questo suo fare avesse potuto riportare Lex ad un atteggiamento più riflessivo e rispettoso delle regole che nell'ambito famigliare erano state impostate; sortendo suo malgrado un risultato diverso da quello che egli stesso prospettava come riscontro.
Con il tempo Lex divenne ancora piu' ribelle e le lezioni sempre piu’ dure e restrittive che papa' lupo gli imponeva, divennero il motivo scatenante dei continui guai di cui Lex puntualmente si rendeva artefice; allorche' mamma lupa, che come ogni mamma prende le parti dei propri figli, specie quelli piu' difficili, anche a costo di continui dissensi e malumori che inmancabbilmente coinvolgevano l'intera famiglia, cercò di fungere da mediatrice, nel rapporto sempre piu' difficile tra Lex e papa' lupo , senza riuscirvi, dato il rapporto difficile che nel frattempo fra i due sempre era venuto a crearsi.
A quel punto mamma e papa' lupo, preoccupati che l'atteggiamento di Lex avesse potuto mettere in discussione quell'equilibrio famigliare tanto faticosamente cercato e voluto, cercarono di imporgli delle regole piu' ferree anche a costo di metodi piu’ drastici.
Nel frattempo, gli insegnamenti che Lex aveva ricevuto dai genitori e dalla natura, relativi alla sopravvivenza ed alla convivenza con il resto della natura stessa, furono dallo stesso assimilati in tempi brevi, data la sua precocità, ma non trovarono adeguata collocazione nell'equilbrio mentale del lupetto,nonostante lo stesso li recepisse prima e meglio rispetto ai suoi due fratelli,che vivevano in maniera piu' tranquilla ed equilibrata il rapporto familiare, e quello con la natura.
Questo fece si’ che l’ossessiva curiosita' che animava la mente di Lex, alla continua ricerca di scoperte e nuove emozioni, che fino a quel momento gli erano state opportunamente proibite, lo portarono alla prima occasione, ad inoltrarsi oltre il confine di quel paradiso che il signore aveva destinato a lui ed alla sua famiglia; la sfrontatezza e la struggente curiosita’ che, come gia’detto, particolarmente lo animava, lo portarono a superare quel limite che per la sua natura animale, ma pur sempre fragile rispetto all’ignoto verso cui per la prima volta si affacciava, gli avrebbero procurato solo danni e condizioni negative. Arrivo' ad avventurarsi ai confini di quel mondo fino ad allora da egli tanto ambito e ricercato, quello degli umani, del quale aveva sempre sentito parlare in termini assolutamente negativi ma suggestivi, data la sua indole.
E li' vi incontro' un folletto, che pareva lo stesse aspettando da chissà quanto tempo, gli si rivolse dopo un primo impatto di sorpresa, con una gentilezza di modi e di azioni che in Lex sortirono l'effetto di una ulteriore sfida a se stesso; fino a quel momento non aveva mai avuto nessun contatto diverso da quelli che gli insegnamenti della famiglia, della natura e del signore stesso gli erano stati posti come un confine invalicabile, e qui fu pervaso da un senso contemporaneo di disorientamento e di disagio, tanto da affidarsi a quel folletto tanto gentile verso di lui in quel momento, come l'unico essere in grado di capirlo e soddisfarlo, tanto da fargli tornare, con un senso di sollievo misto a rabbia il ricordo delle parole e delle discordie avute col padre,cercando e, soprattutto, trovando nel suo spirito di contestazione, la ragione che lui aveva sempre ostentato rispetto al disappunto del genitore.
In un primo momento il folletto gli chiese da quale luogo egli venisse e cosa lo avesse spinto cosi' lontano dal suo bosco e dalle sue origini e Lex, con un crescente spirito di adattamento a quella nuova situazione, comincio a parlargli dei limiti e degli atteggiamenti angusti impostogli dal mondo pieno di limiti e pregiudizi da cui proveniva, sembrando oltremodo soddisfatto e felice dall'aver raggiunto quella meta tanto sospirata che cosi brutta e crudele gli era stata descritta e che, invece, da quel poco che aveva potuto concepire, era lo stesso che lui aveva sempre immaginato; al che' il folletto, figlio della cattiveria del mondo umano, sul quale peraltro il signore sembrava avesse perso ogni controllo, gli propose di conoscere quel mondo da piu' vicino descrivendogli tutti i divertimenti ed i piaceri di cui nel tempo, contro il parere del signore era riuscito a crearsi stimolando cosi', sempre di piu', la gia' fervente curiosita' di quel lupetto che, di fronte a quei racconti, pareva trepidante e voglioso di viverli.
Il folletto allora gli spiego' che in quel mondo non poteva presentarsi con le sue attuali sembianze e gli propose di trasformarsi in umano; e per farlo avrebbe soltanto dovuto rinnegare le sue reali origini, cosi' come gia' tanti altri esseri provenienti dal mare e dal cielo, avevano fatto.
Di fronte a questa scelta Lex non ebbe alcuna titubanza e il folletto subito gli descrisse di quali divertimenti per lui inimmaginabili, il mondo che gli si prospettava, potesse essere capace; cio' accrebbe l’interesse di Lex per tutte quelle novita’ allontanandogli qualsiasi possibile diffidenza, pur di vivere anche un solo momento di tutto cio' che gli era stato appena proposto, cosicche' il folletto con un rito magico lo trasformò in un essere umano.
Lex all'impatto non ebbe la reale cognizione di cio' che stesse succedendo, ma preso coscienza delle sue nuove sembianze, parve sentirsi subito a suo agio e lo fu ancor piu' quando, specchiandosi nelle acque di un fiume notò il suo aspetto piacente, qualita’ che, a detta del folletto, gli avrebbe facilitato l'inserimento nel nuovo mondo.
Il folletto accompagnò Lex ai margini di una grande citta' e gli disse: - ora scoprirai cio' che hai trovato a dispetto di cio' che hai perso - e lo lasciò andare all'avventura in quel mondo, che Lex tanto desiderava conoscere.
Comincio' a camminare fra una moltitudine di gente che sembrava non vederlo, ne' sentirlo e subito, tutto questo, creo' in lui, abituato alla leggi della foresta, dove era sempre stato protagonista sia per le sue prede che per la sua stessa famiglia, un senso negativo.
Tutto gli pareva strano e non riusciva a capire quell'indifferenza, man mano che proseguiva nella conoscenza diveniva sempre piu preda mortificata della sua stessa coscienza, l'insensibilita' di quel mondo, il disenteresse di fronte alla sofferenza della gente che vedeva per strada mentre elemosinava un soldo, o un pezzo di pane,la diffidenza, che notava negli sguardi apparentemente tutti ugualmente persi, che incrociava e il movimento veloce ed esasperato di un mondo che non capiva, gli fecero subito tornare in mente cio' che aveva barattato: la solidarieta’ e la tranquillita' del bosco con il movimento caotico e senza una verosimile meta, ne' fine concreto, di un mondo che immaginava felice e divertito, e che invece vide perso nella propria tristezza, apparentemente senza un reale motivo, l'amore della sua famiglia con l'indifferenza della gente che quasi lo calpestava senza notarlo, e l'inganno cominciato con le promesse di un folletto, che gli aveva rubato le origini e l'anima.
Piu' andava avanti e piu' tutto questo gli procurava paura e una incommensurabile voglia di tornare al suo cosi' caro bosco, cosi' facilmente abbandonato, per qualcosa che gli sembrava un sogno irraggiungibile, ma che poi si era rivelato solo il frutto marcio, di un terribile inganno .
Cammino’ per giorni, nella vana speranza di trovare quel divertimento che il folletto ingannevolmente gli aveva promesso, ma non lo trovo': ovunque vedeva indifferenza cattiveria e tentazioni fasulle, come quella che il folletto gli aveva propinato.
Cosi' in maniera rabbiosa e decisa riprese il cammino inverso alla ricerca di quel folletto, deciso a riprendersi cio' che aveva perduto.
La ricerca fu da subito ardua e difficile, in quel mondo assomigliavano tutti incredibilmente a quel folletto e spesso si trovò a scontrarsi con folletti che, nonostante la incredibile somiglianza, non erano colui che egli cercava, ma la sua decisione ebbe soddisfazione solo quando, camminando a ritroso, si ritrovo' sulle sponde di quel fiume che fu specchio delle sue iniziali illusioni, e li decise di aspettarlo quel dannato folletto.
Finchè dopo qualche giorno di disperata attesa lo stesso si presentò con un atteggiamento sornione e di sfida gli chiese beffardamente se si fosse divertito abbastanza nella citta'.
Lex irretito dall'atteggiamento del folletto ebbe uno scatto che ricordava vagamente le sue origini e lo azzanno'; tenendolo ben stretto gli intimo' la restituzione delle sue sembianze e l'annullamento dell'impegno preso in funzione del baratto.
Il folletto pur di liberarsi, si mostro' subito disponibile e, una volta libero, riprese quell'atteggiamento sicuro e beffardo, e con il piglio sicuro di chi ha il coltello dalla parte del manico; gli disse - lasciami i tuoi migliori anni e io ti restituisco al tuo mondo - .
Lex pur di tornare al suo mondo accetto' e in men che non si dica si trovo' ritrasformato in lupo: non aveva piu' la freschezza di quando aveva lasciato il bosco, ne' i riflessi che insieme agli anni lasciati erano andati persi anche quelli, ma aveva nel frattempo acquisito la saggezza e l'esperienza che prima non aveva, ed insieme a quelle anche il rispetto per il padre e la madre, che avevano cercato di indirizzarlo verso quella che era la realta', e non le banali ed inutili fantasie, con le quali il folletto gli aveva rubato gli anni migliori.
Lex tornò a casa e tutti furono felici di accoglierlo, ritrovò la sua natura ed i suoi cari e per ognuno ebbe un pensiero, che espresse cosi':
- Caro padre ho impiegato molti anni per capire cio' che avreste voluto insegnarmi ed erano saggezza e conoscenza; ora, grazie a voi, sono qualita' che ho acquisito, vi amerò per sempre per questo fantastico dono.
Cara Madre mi avete insegnato l'importanza della bonta', ma ero troppo arrogante per comprendere il significato, ed il senso delle vostre parole; ora sono piu' saggio per comprenderle e farne parte fondamentale del mio bagaglio di vita -.
Ed infine, rivolto ai fratelli, disse:
- Cari fratelli sarei dovuto esservi d'esempio, ed invece vi ho abbandonati lasciandovi l'esempio peggiore, ma ora sono qua ed insieme daremo vita al grande disegno del quale il Signore ci ha voluti protagonisti.
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14 Anni 11 Mesi fa - 14 Anni 11 Mesi fa #3700
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Le Favole più belle
Consuelo le tue favole sono bellissime :*
Ultima Modifica 14 Anni 11 Mesi fa da LaDea.
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14 Anni 11 Mesi fa #3801
da Consuelo
Risposta da Consuelo al topic Re:Le Favole più belle
Miky, il cane pastore
C’era una volta un pastore che aveva un bellissimo ovile. In quell’ovile vivevano cento pecore pregiate, che ogni giorno si recavano al pascolo dirette dall’abilissima Lela, un cane eccezionale.
C’era però anche Miky, un cucciolone che seguiva sempre il gregge e imparava da Lela i preziosi trucchi del mestiere.
Ma un giorno Lela, stanca e demotivata, se ne andò improvvisamente, lasciando il pastore solo con le sue pecore.
“E adesso che cosa farò?” diceva quell’uomo preoccupato. “A chi affiderò gli agnelli che hanno bisogno di una guida per raggiungere il pascolo? Non basto io!”.
Un mattino all’alba, non avendo dormito tutta la notte perché tormentato da mille pensieri, il pastore raggiunse un punto della montagna, circondato da un panorama mozzafiato, in cui spesso si trovava solo a riflettere. E lì come per incanto si ricordò di un episodio che lo aiutò a risolvere quel problema apparentemente senza soluzione.
Rivide, in una magica sequenza di immagini, Miky alle prese con la pecorella più cocciuta del gregge, che non voleva mettersi in fila e si fermava continuamente a brucare l’erba del sentiero. Miky le si avvicinò, iniziò ad abbaiare con decisione e senza troppa fatica la ricondusse nel gruppo.
Il pastore si destò dal sogno ad occhi aperti e corse a casa colmo di entusiasmo. Raggiunse la cuccia di Miky, lo chiamò e abbracciandolo gli disse: “Caro Miky, sarai tu il nuovo conduttore del mio gregge, affiderò a te gli agnelli pregiati affinché tu possa insegnare loro come raggiungere al meglio i pascoli più lontani.”
Miky se stava senza parole… ehm, senza abbaiare…. era felicissimo perché il pastore si fidava di lui.
Arrivò il giorno tanto atteso e tanto temuto, Miky doveva mettere in fila il gregge da solo: le pecore adulte davanti, insieme al pastore, e gli agnelli inesperti dietro. Molte pecore però non erano contente e borbottavano: “È troppo giovane, non ha esperienza, non mi fido a lasciargli gli agnelli, ci sono troppi pericoli!”. Altre invece le rassicuravano: “Vedrete che saprà cavarsela molto bene!”.
E fu proprio così. Miky si impegnò moltissimo, aveva capito che per condurre al meglio le pecore non era sufficiente indicare soltanto il cammino, ma era importante condividere con loro fiducia, affetto e responsabilità.
Intanto gli agnellini crescevano, crescevano… e imparavano tanto!
C’era una volta un pastore che aveva un bellissimo ovile. In quell’ovile vivevano cento pecore pregiate, che ogni giorno si recavano al pascolo dirette dall’abilissima Lela, un cane eccezionale.
C’era però anche Miky, un cucciolone che seguiva sempre il gregge e imparava da Lela i preziosi trucchi del mestiere.
Ma un giorno Lela, stanca e demotivata, se ne andò improvvisamente, lasciando il pastore solo con le sue pecore.
“E adesso che cosa farò?” diceva quell’uomo preoccupato. “A chi affiderò gli agnelli che hanno bisogno di una guida per raggiungere il pascolo? Non basto io!”.
Un mattino all’alba, non avendo dormito tutta la notte perché tormentato da mille pensieri, il pastore raggiunse un punto della montagna, circondato da un panorama mozzafiato, in cui spesso si trovava solo a riflettere. E lì come per incanto si ricordò di un episodio che lo aiutò a risolvere quel problema apparentemente senza soluzione.
Rivide, in una magica sequenza di immagini, Miky alle prese con la pecorella più cocciuta del gregge, che non voleva mettersi in fila e si fermava continuamente a brucare l’erba del sentiero. Miky le si avvicinò, iniziò ad abbaiare con decisione e senza troppa fatica la ricondusse nel gruppo.
Il pastore si destò dal sogno ad occhi aperti e corse a casa colmo di entusiasmo. Raggiunse la cuccia di Miky, lo chiamò e abbracciandolo gli disse: “Caro Miky, sarai tu il nuovo conduttore del mio gregge, affiderò a te gli agnelli pregiati affinché tu possa insegnare loro come raggiungere al meglio i pascoli più lontani.”
Miky se stava senza parole… ehm, senza abbaiare…. era felicissimo perché il pastore si fidava di lui.
Arrivò il giorno tanto atteso e tanto temuto, Miky doveva mettere in fila il gregge da solo: le pecore adulte davanti, insieme al pastore, e gli agnelli inesperti dietro. Molte pecore però non erano contente e borbottavano: “È troppo giovane, non ha esperienza, non mi fido a lasciargli gli agnelli, ci sono troppi pericoli!”. Altre invece le rassicuravano: “Vedrete che saprà cavarsela molto bene!”.
E fu proprio così. Miky si impegnò moltissimo, aveva capito che per condurre al meglio le pecore non era sufficiente indicare soltanto il cammino, ma era importante condividere con loro fiducia, affetto e responsabilità.
Intanto gli agnellini crescevano, crescevano… e imparavano tanto!
14 Anni 11 Mesi fa #3802
da perla84
Risposta da perla84 al topic Re:Le Favole più belle
se la vita nn fosse così amara,non esisterebbero le favole,ed è proprio grazie alle favole che sognamo,cosa che avvolte nella vita reale non accade
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